Rikard Sjoblom (Beardfish)

Rikard Sjoblom (Beardfish)
“La luce sul Prog non si è mai spenta, è stata solo offuscata in attesa di nuova energia dal risveglio delle coscienze....”. (Mauro Pini)

lunedì 27 marzo 2023

Diego Banchero



In occasione del debutto del Diego Bachero Trio previsto per il prossimo 15 aprile all'Angelo Azzurro Club di Genova (vedi locandina), abbiamo avuto la sorte e l'onore di intervistare un importante artista della scena musicale genovese e non solo,  una persona splendida e disponibile come Diego Banchero che ha risposto con entusiasmo alle nostre domande.


Diego, nella breve descrizione della tua official web page https://diegobanchero.it.gg
,  ti autodefinisci bassista, compositore, arrangiatore, insegnante di musica, sound engineer….ma se ti dovessi presentare a chi non ti conosce in poche righe cosa diresti di te?

Grazie per la domanda Mauro, solitamente non mi è facile fare una presentazione troppo contenuta perché faccio (e ho fatto) davvero tante cose nel corso della mia vita. Non vado totalmente fiero di questa mia caratteristica perché non è del tutto positiva ed è frutto di una certa incapacità di trovare pace e soddisfazione.

Nel nostro caso si parla principalmente di musica e posso saltare tutta una serie di passaggi e dire di essere un musicista che cerca di mettersi alla prova in più esperienze. Alcune delle attività passate che hai menzionato non le pratico più da tempo per via dei troppi impegni. Tra queste ci sono, ad esempio, quella di insegnante e quella di sound engineer.

Sono, invece, ancora molto attivo in più progetti come compositore e bassista (anche come turnista in contesti più commerciali).


Come mai sei diventato un musicista? quando è scattata la scintilla per accostarti ad Euterpe, la dea della musica?

 

Ho sentito la “vocazione” per la prima volta intorno ai 10 anni e ho convinto i miei genitori a mandarmi a lezione di chitarra. Purtroppo non avevo attorno un contesto troppo interessato alla musica (se si esclude qualche amico e un cugino che aveva fatto del professionismo tra gli anni ’60 e gli anni ’70 come bassista), quindi mi sono demotivato piuttosto velocemente e ho lasciato perdere.

Solo intorno alla fine delle scuole superiori mi sono appassionato al metal. In quel periodo è nato un amore talmente forte per band come Iron Maiden, Black Sabbath e Judas Priest da farmi comprendere che la mia vita doveva essere spesa con uno strumento tra le mani. Ho preso in prestito il basso di mio cugino e sono partito a “spron battuto”. Da quel momento non mi sono più fermato e ho cercato di imparare tutto quello che poteva arricchirmi come strumentista; a tale scopo ho approfondito molti generi differenti di musica.


Il 15 aprile avverrà all’Angelo Azzurro di Genova l’esordio del Diego Banchero Trio, ci puoi sintetizzare la genesi di questo stimolante nuovo progetto?





Dai tempi successivi agli studi alla Scuola Jazz Quarto (Genova), non ho più avuto un progetto a mio nome, ma mi sono sempre dedicato a mettere tutte le mie energie al servizio di progetti che non mi vedevano in primo piano (pur essendone quasi sempre il compositore principale e il direttore esecutivo).

Da tempo avevo voglia di concedermi qualche esperienza come solista. Questo non sarà l’unico progetto che intendo portare avanti in tal senso, ma è un punto di partenza.

Con Fernando e Roberto abbiamo deciso di riarrangiare in chiave strumentale alcuni brani dei nostri progetti attuali e passati (e abbiamo anche aggiunto alcuni inediti). Siamo partiti e abbiamo trovato un nostro approccio con poche prove. Siamo molto contenti e ci stiamo divertendo tantissimo.

Ne è uscita una sorta di jazz-rock-prog-fusion caratterizzata dal nostro stile e dalle nostre sonorità “noir” (uso questo aggettivo per sintetizzare).

Ovviamente il basso avrà un ruolo di maggior rilievo rispetto al solito.

 

Seppure i tuoi due compagni d’avventura, Roberto Lucanato alle chitarre Fernando Cherchi alla batteria,siano amici /collaboratori da vari anni, com’è suonare senza farlo sotto il moniker de “ Il segno del Comando” ?

 

Noi tre siamo molto affiatati. Abbiamo condiviso tante altre avventure precedenti a Il Segno del Comando (tra cui un’esperienza come turnisti in un tour del Regno Unito con i Blooding Mask). Abbiamo suonato assieme in diversi paesi esteri e registrato molti dischi. Qualsiasi cosa si faccia ci si intende a meraviglia.

 

Di fatto cosa accadrà a voi tre quella sera su quel palco, ci puoi "spoilerare" qualcosa sulla scaletta?

 

Eseguiremo delle versioni strumentali di brani de Il Segno del Comando, Egida Aurea, Ballo delle Castagne, qualche pezzo inedito e una cover. Le atmosfere spaziano tra l’horror-soundtrack, il poliziottesco, il jazz-rock e qualche richiamo al nostro periodo folk.

Tutto questo materiale (che, tranne la cover, ho composto negli anni) sarà riarrangiato completamente per essere eseguito dalla formazione ristretta a tre elementi. Ci sarà molta improvvisazione nelle parti solistiche.

 

Quanto è differente “raccontare una storia” attraverso un brano totalmente strumentale rispetto a composizioni che hanno testo e musica?


Io ho sempre avuto un approccio compositivo “da colonna sonora”. Amo molto anche scrivere i testi, ma non disdegno la musica strumentale. Si lavora sul non verbale, ma la mole di contenuti emotivi che si possono trasmettere non è necessariamente inferiore rispetto a quelle situazioni in cui la musica prevede una parte lirica. Avendo, in passato, suonato molto jazz tradizionale (in cui l’intervento dei cantanti era abbastanza raro) mi sembra di tornare un po’ alle origini.

 

Se ti dico Fabio Pignatelli tu cosa mi rispondi?

 

Fabio Pignatelli è di sicuro un bassista che mi ha influenzato molto. Sono sempre stato un fan dei Goblin (ispirazione fondamentale per Il Segno del Comando).

Ho sviluppato uno stile piuttosto diverso da quello di Fabio dal punto di vista tecnico, ma ciò non toglie che, analizzare il suo lavoro, sia stato per me molto importante dal punto di vista formativo.

 

 E se ora ti dicessi Jazz cosa inizierebbe a pensare la tua sensibilità musicale?

 

Io non ho fatto studi classici. All’epoca il corso di basso elettrico non era neanche presente nei conservatori.

Quando ho sentito il bisogno di approfondire i miei studi mi sono iscritto alla già menzionata Scuola Jazz Quarto di Genova. Ho avuto maestri che erano musicisti di fama internazionale, ho fatto molti seminari con nomi importantissimi della scena mondiale e ho amato ed amo tantissimo questo genere di musica. Lo ascolto sempre con piacere!

Purtroppo non ho più tempo per mantenermi sufficientemente preparato per suonarla. Ho troppi impegni per farlo.




 

Nella tua carriera musicale ci sono molteplici esperienze musicali e collaborazioni, quali sono quelle che ti hanno dato più soddisfazione?

 

Le esperienze più importanti e complete sono state senza dubbio quella con Il Segno del Comando e quella con Egida Aurea.

 

Comprendo che sia sempre difficile fare scelte di merito ma ti chiedo quali sono i tuoi top 3 dischi tra quelli a cui hai collaborato come compositore/strumentista?

 

I tre album che della mia discografia che preferisco sono: “L’Incanto dello Zero” (Il Segno del Comando), “La mia Piccola Guerra” (Egida Aurea) e “Surpassing all Other King” (Ballo delle Castagne). Ovviamente amo anche gli altri lavori, ma sono particolarmente legato a questi tre.

 

Tra quelli della storia della musica, quali dischi, uno italiano e uno straniero, ti porteresti sull’ isola deserta e come mai?

 

La scelta è difficilissima, però provo a menzionare due album. Il primo è “Anime Salve” di De Andrè. Ho amato Fabrizio fin da bambino e sull’isola, questo suo disco, manterrebbe vivo in me il ricordo della mia Genova. Il secondo è “Live One Summer Night” di Paco De Lucia (perché ci sono atmosfere che amo e perché mi soddisfa molto anche dal punto di vista bassistico).



Tu, come professione, da tempo lavori come operatore sociale con persone che sono in difficoltà, qual è lo stato d’animo di Diego nell’accostare cotanta fragilità e umanità e quali “doni spirituali” ti offrono i pazienti.


Io lavoro come educatore professionale da 32 anni. Nell’ambiente in cui opero la sofferenza è molta, ma le soddisfazioni (per chi affronta questo impegno con lo scopo di far stare meglio chi è più fragile) sono tante.

Mi sono sempre occupato volontariamente di casi particolarmente problematici, come ad esempio le persone che soffrono di autismo “a basso funzionamento”.

In passato si è presentata la possibilità di fare il musicista a tempo pieno, ma ho preferito continuare con questa professione riabilitativa.

Personalmente, negli anni, sono andato in contro a molto dolore, ma questo mi ha permesso anche di fare un lavoro profondo sulla mia emotività (e questo è sicuramente uno dei maggiori doni potessi ottenere).

Per essere un buon educatore non bisogna solo saper ‘fare’, ma bisogna ‘essere’. Io ho fatto mia questa filosofia e cerco di migliorarmi giorno per giorno. Così farò fino alla fine del tempo che mi sarà concesso in questa dimensione.

Ogni volta che si favorisce la crescita di qualcuno si contribuisce inevitabilmente anche alla propria.

A mio modesto parere, l’unico stato d’animo con cui ci si può accostare alla fragilità è quello di chi prova e trasmette amore.

L’interesse per la spiritualità e per l’esoterismo si sono integrati sempre perfettamente con la mia formazione scientifica che è partita in ambito psicodinamico, ma che, col tempo, si è estesa in una direzione multidisciplinare.

 

In ultimo: la tua dimensione in trio avrà un seguito o si tratta di un episodio a se’ stante?


Io spero vivamente che quest’avventura prosegua negli anni a venire. L’intenzione c’è tutta! Ho sempre amato questo tipo di formazione perché lascia molto spazio ai musicisti e li mette alla prova in una sfida impegnativa.



Ringraziando Diego Banchero, in ascolto da uno dei lavori preferiti dall'autore ossia  “L’Incanto dello Zero” (Black Widow Records) de Il Segno del Comando, la settima traccia "Nel labirinto spirituale"



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