Scegliere nel
mare magno delle uscite discografiche del 2016 non è agevole.
Eccovi la mia personalissima, nonchè opinabilissima, top five internazionale tra i lavori che ho potuto ascoltare
Eccovi la mia personalissima, nonchè opinabilissima, top five internazionale tra i lavori che ho potuto ascoltare
Amoeba Split: Second Split
Uscito il 2 Giugno per la Label Azafran Media, “Second Split” il secondo attesissimo disco degli spagnoli Amoeba Split, seppur più incline a virate jazzistiche, non ha deluso le aspettative.
Chi, come il vostro blogger, si era deliziato con il loro primo album “Dance of Goodbyes” (vedi http://progressivedelnuovomillennio.blogspot.it/2015/05/amoeba-split.html) troverà anche in questo lavoro, totalmente strumentale, le coordinate canterburiane che tanto fascino esercitano ancora nel terzo millennio, il tutto con una freschezza compositiva che l’ensemble galiziano mette in ogni nota delle sei tracce per 41 minuti di sound stupefacente.
Line up: Ricardo Castro Varela: Hammond, Mellotron, Moog, Piano. Alberto Villarroya Lopez: basso, tastiere e chitarre. Fernando Lamas: batteria. Pablo Añón : Soprano, alto & sax tenore. Eduardo "Dubi" Baamonde : Sax tenore e flauto e Ruben Salvador: Tromba.
Hominido: Alados
Gli Hominido
sono un’entità importante per il progressive sudamericano, cileno in
particolare.
Il loro
secondo disco, “Alados”, uscito in autoproduzione il 7 Settembre, conferma la
consistenza sonora del primo disco
“Estirpe Litica (2014) nonostante le importanti defezioni di uno della triade
dei padri fondatori del gruppo: il bassista Francisco Martin e soprattutto
della voce femminile Eliana Valenzuela.
Alados è
comunque un disco molto godibile, cantato in spagnolo (idioma che trovo molto suggestivo
di per sé) da Javier Briceño Perez, per un’ora abbondante di musica suddivisa
in undici tracce composte dai padri fondatori del gruppo Pablo Carcamo Risso e Rodrigo
González Mera.
Nel loro
sound, fluttuante tra dolcezza e vigore, predominano i delicati tocchi
chitarristici di Nathan Ide Pizarro e una suadente tromba suonata Cristopher
Hernandez Catipillan che utilizza anche il Duduk, un antico strumento
tradizionale armeno simil flauto.
Line up: Javier Briceño Perez: voce. Pablo Carcamo Risso: chitarra,
tastiere.
Nathan Ide
Pizarro: chitarra tocco. Rodrigo González Mera: batteria, percussioni.
Cristopher Hernandez Catipillan :
tromba, corno francese, duduk e Benjamin Ruz Guzman: violino.
Dungen: Haxan
Gli svedesi
Dungen sono giunti nel 2016 a registrare l’ottavo disco in studio, un album
completamente strumentale dal titolo Haxan che significa “ La Strega”.
Il lavoro,
uscito a livello mondiale il 25 novembre per l’etichetta Smalltown Supersound,
è di fatto il commento sonoro del più antico film d’animazione muto del 1926
“The adventures of Prince Achmed” della cineasta tedesca Charlotte “Lotte”
Reiniger.
Quattordici
tracce (tutte con titoli in svedese) per 39 minuti di proposta musicale in cui
il quartetto di Stoccolma si esibisce in una performance assai affascinante tra
psichedelia progressiva, passaggi free form e ambientazioni più pacate simil
Sigur Ros con uno spiccato minimalismo melodico.
Line up:
Gustav Ejstes: pianoforte,
chitarra. Reine Fiske: chitarra. Mattias Gustavsson: basso. Johan Holmegaard: batteria
Dewa Budjana: Zentuary
Il nuovo
doppio album, triplo se parliamo di vinile, del compositore/produttore/chitarrista
indonesiano Dewa Budjana (classe 1963) è davvero di notevole qualità.
“Zentuary” è un lavoro prog/fusion con marcate influenze
etniche.
In questa
uscita discografica il musicista balinese (leader della pop/rock band “Gigi”)
viene affiancato da un cast stellare: Tony Levin al basso, i magnifici
batteristi/pianisti Gary Husband e Jack DeJohnette, i sassofonisti Danny
Markovich e Tim Garland, Guthrie Govan alla chitarra e la straordinaria
flautista indonesiana Saat Syah.
Dodici tracce
per oltre 100 minuti di magistrale musica quasi tutta strumentale, con due brani
cantati dalle vocalist Ubiet e Risa Saraswati.e un cameo dell’Orchestra
Sinfonica della Repubblica Ceca diretta da Michaela Růžičková.
Un lavoro
suntuoso, molto ambizioso, da possedere assolutamente in discografia.
Gustavo Santhiago: Animam
Cinque tracce
per 47 minuti di prog sinfonico per il disco d’esordio autoprodotto di questo
giovanissimo polistrumentista/compositore brasiliano.
Se il buon giorno
si vede dal mattino è indubbio che Santhiago -con i suoi 17 anni- abbia un
futuro radioso in quanto queste composizioni sono già di eccellente livello con
un uso massiccio di tastiere e fughe melodiche d’impatto, con riferimento ai
classici del prog seventies, virate verso musica etnica (indiana, celtica) e afflati
jazzistici.
Nulla di
originalissimo ma prodotto davvero gradevole e poi bisogna dare fiducia alle
giovani leve..
Tutti i brani
sono stati composti, prodotti e mixati dallo stesso Gustavo Santhiago, coadiuvato
come ingegnere del suono e mastering da Renato Napty. L’artwork è di Eduardo
Passini.
Line up: Gustavo
Santhiago: tastiere, basso, flauto. Felipe Salvego: chitarre. Ilan Milner : basso.
Giovanni Lenti (cugino) e Gabriel Costa: batteria. Ricardo Santhiago
(fratello): chitarra, sitar.
Tra i dischi
non propriamente progressive, desidero segnalare un gioellino uscito il 3
Giugno per ATO Records, si tratta di Monolith
of Phobos composto e suonato dai virtuosi
polistrumentisti/ cantanti Les Claypool
(il leader dei Primus) e Sean Lennon (il
figlio che John ha avuto da Yoko Ono nel 1975).
Undici tracce
per 50 minuti di puro sound psichedelico seventies con un tocco di “sghembo”
space rock. Su tutta questa geniale follia creativa predominano la verve
schizo/istrionica di Claypool che al basso è un autentico fenomeno e la
vocalità simil paterna di Sean Lennon che addolcisce le partiture non sempre
agevoli per il fruitore.
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