Rikard Sjoblom (Beardfish)

Rikard Sjoblom (Beardfish)
“La luce sul Prog non si è mai spenta, è stata solo offuscata in attesa di nuova energia dal risveglio delle coscienze....”. (Mauro Pini)

venerdì 30 giugno 2023

Seven Impale

I Seven Impale si sono formati nel 2010 a Bergen, la seconda città più popolata di Norvegia dopo Oslo.  
Il combo nordico, tutti i componenti con un background di jazz e musica classica, è stato scritturato dalla Karisma Records https://www.karismarecords.no e con essa ha pubblicato tre full length: "City of the sun" nel 2014, "Contrapasso" nel 2016 e "Summit" il 26 maggio 2023.
Il sound è un progressive rock dalle sfumature jazzistiche con parti più heavy, il tutto miscelato ottimamente per un risultato rilevante, sicuramente da seguire. 
Line up:  Stian Økland: voce, chitarra solista. Erlend Vottvik Olsen: chitarra, voce. Håkon Vinje: tastiere, voce. Benjamin Mekki Widerøe; sassofono tenore, flauto, voce. Tormod Fosso: basso, violoncello. Fredrik Mekki Widerøe: batteria e percussioni, banjo, voce.
In ascolto l'intero secondo album Contrapasso


Album consigliato: Summit (2023)

giovedì 29 giugno 2023

Artefactron

Gli Artefactron sono una nuova band proveniente da Città del Messico. Nel 2022 hanno debuttato discograficamente autoproducendo l'album omonimo che consta di sette tracce (due strumentali le altre cantate in spagnolo) per quasi 55 minuti di sound progressivo dai sapori vintage ma meritevole di attenta fruizione anche per gli aspetti sinfonici di buon spessore tecnico-emozionale. La grafica è di Abelardo Culebro mentre la copertina è di Fernando Garrido.
Line up: Álvaro Zenil: basso, voce. Eduardo García: tastiere, voce secondaria. Axel Margalli: chitarra, voce secondaria. Héctor Aveleyra: tastiere, voce secondaria. Mauricio González : batteria, voce secondaria.
Sito ufficiale: https://artefactron.com
In ascolto la terza traccia Doble proposito una delle due tracce meramente strumentali del disco.



mercoledì 28 giugno 2023

Lars Fredrik Frøislie

Lars Fredrik Frøislie é nato il 28 luglio 1981 a Hønefoss una cittadina di quasi 15.000 abitanti della contea di Viken, nel sud-est della Norvegia. Lars è un poliedrico musicista che suona le  tastiere e la batteria e all'occorrenza si cimenta anche nel canto.
Strumentista noto nel mondo progressivo del terzo millennio per la sua militanza in importanti gruppi norvegesi quali i Wobbler, In Lingua Mortua, i Tusmørke e i White Willow.
È anche produttore musicale e gestisce la Termo Records http://www.termorecords.com  insieme a Jacob Holm-Lupo.
"Fire Fortellinger" è il suo primo album solista realizzato durante la pandemia. Il disco, rilasciato il 2 giugno 2023 da Karisma Records https://www.karismarecords.no, quattro brani per poco più di tre quarti d'ora di durata è pervaso da " Un suono assolutamente intrigante, sicuramente di stampo vintage ma interpretato con maestria e fantasia, intriso di tante raffinatezze che ne fanno un lavoro sicuramente pregevole" (Carlo Giorgetti).
Un prog dall'accattivante suono vintage con testi in norvegese che lascia spazio a momenti melodici  anche epici di ottimo livello con afflati folk.
Line up: Lars Fredrik Frøislie: tastiere, batteria, voce. Coadiuvato al basso da Nikolai Hængsle: https://en.wikipedia.org/wiki/Nikolai_Hængsle
In ascolto la seconda traccia Et sted under himmelhvelvet 



venerdì 23 giugno 2023

Palindrome

I Palindrome si sono formati nel 2000 nei pressi di Vienna, grazie a Rosa Nentwich-Bouchal (voce), Jürgen Bauer (basso), Mario Nentwich (pianoforte, organo), David Leisser (batteria) e Alex Beham (chitarra). 
Dopo alcune uscite live e la partecipazione a concorsi, si sono presi una pausa creativa e riunendosi nell'ottobre 2009 hanno pubblicato l'album di debutto "Profit vs. WoMankind" per l'etichetta austriaca Las Vegas Records https://www.lasvegasrecords.atNel 2012 esce l'E.P.  " "Bundle These Last Scattered Synapses" e nel 2014 il secondo full length " Strange Patterns"  per la label viennese Panta R&E https://www.facebook.com/pantarevienna/
Il loro sound è un math rock con afflati psyco-progressivi di buon livello.
In ascolto la nona traccia The lonesome boy tratta dal primo disco.


Album consigliato: Strange Patterns (2016)

giovedì 22 giugno 2023

Unkh

Gli Unkh si sono formati nel 1991 a Schijndel, città di oltre ventimila abitanti situata nella regione del Brabante settentrionale in Olanda. Il progetto prende origine grazie all'immensa passione per il rock progressivo di quattro amici d'infanzia:  i due fratelli  Habraken, Jeroen (tastiere, voce principali) e Maarten (batteria, percussioni, voce), Matthijs van Nahuijs (basso, voce), Maarten Peerlings (chitarre).
Il combo olandese ha dovuto aspettare il 2014 per esordire discograficamente con "Traveller" a cui ha fatto seguito nel 2018  "iNNERVERSE" (a parte la i iniziale tutto rigorosamente maiuscolo).
La proposta musicale di ottimo lignaggio qualitativo fluttua tra sonorità progressive vintage anni settanta con le complesse sezioni strumentali a catturare l'attenzione.
In ascolto dal primo album la nona traccia The water carrier

Album consigliato: Traveller (2014)

The Forty Days

Dopo quasi sei anni di attesa i The Forty Days, di cui già parlammo in occasione del loro esaltante esordio discografico http://progressivedelnuovomillennio.blogspot.com/search?q=forty+days, il 9 giugno 2023, sempre per la dinamica label  Lizard Records 
https://it.wikipedia.org/wiki/Preganziol, hanno rilasciato il loro secondo full length "Beyond the air".
Otto tracce (una strumentale) per quasi tre quarti d'ora di musica di ottimo spessore tecnico-emozionale ove il combo toscano crea atmosfere gratificanti al palato del fruitore. 
La forza della band è la completa fusione tra gli elementi  e se il tutto è più della somma delle sue parti allora i The Forty Days sono emblema di unitarietà, compattezza e vigore sia nel ricco ed eterogeneo sound progressivo proposto, sia nell'espressività esecutiva dalle tinte cromatiche fulgide, sia nella composizione testuale - in lingua inglese- di Dario Vignale. 
Un disco sicuramente significativo, meritevole di visibilità, che sottolinea -confermandolo- il fatto che in Italia esistono, anche nel terzo millennio, produzioni di ottimo livello.
Line up: Dario Vignale: chitarre, cori. Giancarlo Padula: tastiera, voce principale. . Massimo Valloni: basso. Giorgio Morreale: batteria. Ospite: Edoardo Magoni alla chitarra 8 corde.
In ascolto The fog, terza traccia del disco


mercoledì 21 giugno 2023

Maailmanpuu

Il nome della band finlandese dei Maailmanpuu deriva dalla mitica quercia del folklore nordico, l'Axis mundi ( in italiano l'albero del mondo), che sostiene il cielo e affonda le sue radici nella terra. Il combo si è formato nel 2012 grazie al chitarrista/cantante Kimmo Villa e al polistrumentista/bassista Antti Lehtomäki. Il batterista Jussi Portaanpää si è unito al gruppo nel 2013. Successivamente con l'innesto del tastierista Joni Rannisto, l'ensemble ha iniziato ad esibirsi , debuttando nel 2015 al Bar Jemma di Vantaa, città di oltre duecentomila abitanti della Finlandia meridionale. 
La prima canzone registrata dal gruppo è stata "Face Your Fears", cantata in inglese. Tuttavia, l'idioma della terra d'Albione, non adattandosi ai temi delle nuove canzoni di Vila e Lehtomäki che si basano sul folklore nordico, ha lasciato spazio ai testi rigorosamente in finlandese.
L'omonimo album d'esordio (mixato da Aki Peltonen) è stato registrato nell'autunno 2018 a Pori (città di ottantamila abitanti del sud-ovest della Finlandia) e pubblicato il 15 giugno 2019 per la label Saunakamari Levyt https://www.facebook.com/SaunakamariLevyt/. 
Il tastierista Sampsa Heikkilä si è unito alla band nel 2019 dopo l'uscita del primo disco. 
Il secondo full length  "Kohti Valoa" ( in italiano "verso la luce" ), registrato nell'autunno 2020 presso lo studio JR Audio di Mänttä-Vilppula, un piccolo comune di diecimila abitanti situato nella regione del Pirkanmaa della Finlandia del sud, è stato rilasciato nell'agosto 2021 sempre per Saunakamari Levyt.
A questo disco ha collaborato attivamente, affiancando il quartetto, Daniel Rantanen, il quale oltre a registrare e mixare l'album si è anche assunto la responsabilità della produzione artistica del disco, suonando diversi strumenti ( percussioni, chitarra acustica a 12 corde, chitarra elettrica, tastiere).
Il tappeto sonoro della band è un crossover di psichedelia ,folk,  prog sinfonico con tinte più hard.
In ascolto la quarta traccia Maailmanpuu del primo omonimo disco 


Album consigliato: 
Kohti Valoa (2021)

martedì 20 giugno 2023

East Wind Pot

Gli East Wind Pot  sono una band fusion-progressiva giapponese guidata dal tastierista Yuko Tsuchiya, già membro dei Theta, un combo prog sinfonico con un unico album nello scorso millennio "Seeds of the dream". 
A livello discografico hanno due album totalmente strumentali all'attivo: l'omonimo nel 2006 e sempre in quell'anno " Another side". 
Line up:  Yuko Tsuchiya: tastiere. Daisuke Yamasaki: sassofono, clarinetto. Yoshiyuki Sakurai: basso. Eiichi Tsuchiya: batteria. 
In ascolto l'intero omonimo album

 

 

Album consigliato:  East Wind Pot (2006)

Y.O.U. : Italian guitarists pay homage to Allan Holdsworth

Un progetto particolare è quello dato alle stampe dalla Lizard Records di Loris Furlan 
http://www.lizardrecords.it/y-o-u-italian-guitarists-pay-homage-to-allan-holdsworth/ nel marzo 2023. Dal titolo  " Y.O.U. Italian guitarists pay homage to Allan Holdsworth " si evince che sia un omaggio al mitico chitarrista britannico Allan Holdsworth (1946-2017), vero innovatore dello strumento https://it.wikipedia.org/wiki/Allan_Holdsworth, ma al contrario dei tributi ove i musicisti coinvolti suonano i pezzi dell'omaggiato (cover), in questo caso gli artisti, ognuno con le proprie sfumature e sensibilità, hanno deciso di realizzare  brani inediti che abbiano delle analogie con le sonorità del genio inglese.
Un disco fusion progressivo splendido che si ispira nel titolo a I.O.U., album del 1982 di
Holdsworth. Un cd non di facile ascolto dove traspare ad ogni nota un  amore viscerale per la coerenza artistica del musicista inglese che il sardo  Marcello Contu , uno dei protagonisti dell'omaggio, definisce come "l'unico chitarrista al mondo che sembra provenire da un altro pianeta non avendo influenze chiare e riconoscibili"  
Otto brani per cinquanta minuti per otto ensemble di strumentisti (per lo più in trio chitarra, basso e batteria) capitanati da otto chitarristi di grande perizia tecnica (in ordine di apparizione Marcello Contu, Alessandro Giglioli, Paolo Volpato, Tommaso Colafiglio, Francesco Cassano, GianLuca "Jean" Barisone, Livio Lamonea e Frank Pilato).




lunedì 19 giugno 2023

Le Vele di Oniride

Quando nel panorama progressivo italiano si assistono ad esordi di ottima levatura estetico-tecnica, il melomane progressivo diversamente giovane come il sottoscritto se ne compiace abbondantemente. Tutto ciò per segnalare l'album di debutto  "La Quadratura del Cerchio" https://leveledioniride.bandcamp.com/album/la-quadratura-del-cerchio della band imolese Le Vele di Oniride,  pubblicato il 30 maggio 2023 dalla effervescente label Lizard Records http://www.lizardrecords.it/le-vele-di-oniride-la-quadratura-del-cerchio/


Abbiamo chiesto a Nello De Leo, compositore, chitarrista dell'ensemble di rispondere a qualche nostra domanda, a seguire il risultato della gradevole intervista.


Nello, puoi narrarci la genesi relativa al progetto de Le Vele di Oniride partendo proprio dalla fantasiosa scelta del nome del gruppo  e come siete giunti alla realizzazione del disco?

Il nome, in realtà, è stato creato da Loris Furlan (Lizard), in quanto io gli inviai tre brani, abbastanza embrionali, e presentai la band col nome Ellephant, cioè il mio vecchio progetto (dal 2007 al 2012), che però aveva già come intento quello che poi si è tramutato ne Le Vele di Oniride, cioè la sperimentazione musicale senza confini, che secondo i miei ascolti è avvenuta per gran parte nel progressive, nel rock psichedelico e in altri contesti da cui spesso prendo spunto; giustamente Loris mi fece notare che facendo parte fondamentalmente della cultura prog, per di più in lingua italiana, un nome italiano e composto sarebbe stato molto più rappresentativo; lui ha visto nei nostri brani un viaggio (le vele) verso un mondo Onirico (oniride) ed ecco qui il nostro nome, che a me piacque da subito. Successivamente, ogni volta che creavamo un brano nuovo, io lo inviavo a Loris e, con la sua supervisione, siamo arrivati ai sette brani che trovate nell’album. Ci tengo a specificare che Loris è sempre intervenuto con dei consigli, soprattutto riguardo le sonorità, ma ci ha veramente lasciato tutta la libertà artistica possibile.

Ti chiedo di raccontarci sinteticamente la cifra stilistica di ogni singolo brano e il messaggio emozionale a esso associato, creando così una sorta di guida all’ascolto de  “La quadratura del cerchio”….

Mi piace molto questa domanda perché uno dei motivi per cui cantiamo in italiano è che sono molto legato ai miei testi e vorrei che l’ascoltatore si soffermasse anche su di essi; alcuni di questi rappresentano fasi della mia vita superate, per fortuna, ma non per questo da eliminare.

SOGNI INFRANTI: Abbiamo creato un’intro molto dilatata, per far comprendere all’ascoltatore in quale “dimensione” si sarebbe trovato, inizialmente sospesa, poi serrata e a tratti dissonante; la parte centrale è volutamente melodica, a tratti struggente, col testo che evoca immagini volutamente “pesanti”; il finale ha anch’esso un ritmo serrato e un’atmosfera space rock.

L’ILLUSIONE DELL’OBLIO: L’intro, decisamente più corta della precedente, è più ritmica e offre lo slancio alla parte cantata, anch’essa abbastanza ritmata e dura; il testo parla di ciò che spesso la vita crea a livello emotivo, un connubio di emozioni contrastanti, come fanno le onde e che spesso il voler trovare una propria “isola felice” o semplicemente uno stato distaccato di abbandono (oblio) sia semplicemente un’illusione; la parte psichedelica centrale, che poi però torna al ritmo serrato vuole evocare questo e l’oblio si trasforma quasi in una resa, col finale direi “pesante”, ma a livello emotivo e non come sonorità (una sorta di accettazione direi).

CATARSI: Questo brano lo definirei come quello dalla tematica leggera, in quanto descrive l’incontro di due amanti in un luogo primordiale, la foresta, dove hanno cercato invano un riparo dalla pioggia per poi addormentarsi; questa avventura viene vissuta dai due come n rito purificatorio, un richiamo ai sensi. L’intro, che verrà ripresa nell’outro, è radiosa ed evocativa, mentre la parte centrale, dove si svolge la gran parte del testo, la definirei “toccante”.

APOLOGIA DI REATO: Qui siamo in presenza di un riff rabbioso, con stacchi centrali che rafforzano l’idea del testo, dove l’autore è sorpreso di aver ferito una persona semplicemente per averle detto la verità; la parte psichedelica centrale, in questo caso, vuole rappresentare il dilemma della persona confusa per aver ricevuto la verità (come se si chiedesse se non fosse stato meglio ricevere una bugia, che però non avrebbe portato ad alcuna sofferenza).

ISOLAZIONE: Il brano inizia con un riff di chitarra che porta l’ascoltatore all’unica forma-canzone in senso classico dell’album (strofa-ritornello); il testo vuole essere una riflessione sul fatto che spesso ci si trovi in mezzo ad una moltitudine di persone, ma che non ci si senta a proprio agio, in quanto massa incosciente, mentre l’autore non vuole accettare tutto questo; l’unica soluzione è l’isolazione, termine tra l’altro desueto e che quindi rappresenta con maggior forza il concetto (isolamento è più tipico, mentre isolazione viene più usato per gli oggetti).

MADRI DI NIENTE, FIGLI DI NESSUNO: Questo è il brano più hard-prog dell’album, con un riff incalzante che porta il cantato ad una sorta di copione già pensato per ogni persona (scritto dalla vita in senso ampio, dai familiari, ai professori, ai politici…); successivamente il brano va verso una sonorità esotica per poi concludersi con un arpeggio abbastanza inquietante, dove la voce recitata viene “catturata” in un senso d' impotenza.

MIRAGGI REMOTI: Questo brano riprende il tema di ISOLAZIONE, anche se la sonorità è più sospesa e nel finale del testo l’autore esprime la volontà di farcela, anche con un aiuto dall’alto (unico richiamo “mistico” dell’album); il finale ci porta in una specie di corsa serrata ed emotiva, sostenuta da un arpeggio di chitarra, un assolo e la voce a chiudere.    

L’album, fin dal primo ascolto, presenta ghiottonerie per i melomani progressivi di lunga data, un uso cromatico ed espressivo strumentale affiancato a testi davvero efficaci e profondi, sei soddisfatto del risultato finale o potendo cambieresti delle cose?

I ripensamenti  e gli aggiustamenti del post produzione ci sono sempre, perché ogni cosa può essere fatta meglio, ma nel complesso sono molto soddisfatto di tutto il risultato e mi piace pensare che il lavoro “perfetto” non sia adatto alla natura dell’essere umano e cozzerebbe in parte anche con i miei testi.

Quando una penna illustre come Gianni Della Cioppa afferma che siete “ …il punto d’incontro tra Il Biglietto per l’Inferno e la Premiata Forneria Marconi …quando la melodia del prog incontra gli spigoli del dark-rock, si aprono Le Vele di Oniride che sfidano i mari della banalità…” cosa ti viene da pensare?

Intanto che non avrei mai pensato che una penna così illustre scrivesse così di noi e ne sono veramente onorato; in generale mi sento onorato e un po’ a disagio ad essere accostato a dei “mostri  sacri” che ho sempre ascoltato.



In questo tempo connotato da un tipo di società “liquida” che ha, tra le peculiarità,  quella dell’ascolto di musica legato alla quantità di streaming e di like,  quanto è impegnativo debuttare pubblicando un CD e suonando un genere “di nicchia” come il rock-progressive?

È molto impegnativo, anche perché talvolta le persone non comprano il CD proprio perché non hanno più un supporto su cui ascoltarlo; a questo si somma la mentalità (direi molto italiana) che se una cosa è gratis su altre piattaforme, perché bisognerebbe pagarla? Un po’ come se si concepisse il CD almeno come un oggetto fisico e tangibile, per cui vale la pena l’acquisto, mentre il download no, anche se magari l’album piace e viene ascoltato. 

Cosa provi nel comporre e suonare con Le Vele di Oniride?

Quando compongo entro nella parte più intima di me, quella che ha bisogno di una catarsi, proprio per citare un mio titolo, quindi è per me una questione a metà tra il mistico e il terapeutico; successivamente avviene l’atto pratico di portare questa “creatura” nei suoni reali e mi piace l’idea che ogni componente della band possa restituirmi una propria versione di qualcosa che, fino a quel momento, era molto personale.

Parlando un po’ di te, come mai sei diventato un musicista? quando è scattata la scintilla per accostarti ad Euterpe, la dea della musica?

Da bambino ascoltavo molta musica, in ogni momento, perché la ritenevo un’esigenza vitale, anche se mi sono dovuto arrangiare per tanti anni riguardo la didattica, perché nell’ambiente in cui sono cresciuto la musica, e la cultura in generale, non sono mai state contemplate; ogni volta che trovavo una chitarra o una tastiera, chiedevo a chi sapesse suonare qualche indicazione, poi ho iniziato ad usare le mie paghette per fare delle lezioni, con una chitarra in prestito e, successivamente, misi da parte dei soldi (facendo anche qualche lavoretto) e a quattordici anni comprai una chitarra elettrica e iniziai a suonare con quelle poche nozioni che sapevo. Successivamente, andando a lavorare, iniziai a prendere lezioni più seriamente, a comprare strumenti adeguati e a mettere da parte il più possibile per potermi iscrivere al Conservatorio.

Hai studiato e ti sei laureato al conservatorio in chitarra jazz, in confidenza qual è il tipo di musica che ti piace maggiormente suonare?

Mi sono laureato in jazz perché gli indirizzi al Conservatorio sono solamente Jazz o Musica Classica e ciò avrebbe comportato un cambio di impostazione per la chitarra (tra l’altro io sono mancino e suono da destro, quindi già questo è stato per me un adattamento forte); in realtà avrei comunque scelto il jazz, in quanto ho sempre adorato Pat Metheny e Miles Davis, però, se dovessi scegliere, suonerei sempre e solo Rock, soprattutto nelle sue forme più sperimentali, che è poi la mentalità che mi ha portato a creare questa band e quelle passate che ho avuto.

Se ti dico jam session , cosa mi rispondi?

Mettersi in gioco senza conoscersi; la considero un po’ come quando da bambino andavi al parco e non sapevi con chi avresti giocato, ma alla fine ti saresti divertito.

Tu sei insegnante di chitarra, a tuo avviso quali sono le peculiarità che deve avere un buon chitarrista?

Io ho sempre concepito l’essere chitarrista e l’essere insegnante come due strade parallele, perché naturalmente in entrambi i casi bisogna saper suonare abbastanza bene, però il musicista deve avere come obiettivo se stesso, in modo anche in parte egoistico, perché deve toccare in fondo alle proprie emozioni per poter comunicare con gli altri un messaggio puro e onesto, mentre l’insegnante deve mettere al centro l’allievo, perché è lui il protagonista; secondo me c’è sempre stata molta disonestà e opportunismo in questo senso, perché la gran parte degli insegnanti di strumento è formata semplicemente da musicisti che si sono “parcheggiati” in una scuola, ma nel mentre sperano continuamente di poter “sfondare” con la musica suonata e abbandonare gli allievi il prima possibile (questo lo dico perché ho fondato una scuola di musica e queste dinamiche le vedo costantemente); il risultato è che un allievo spesso si trova di fronte ad un insegnante frustrato che parla di sé e non dell’allievo; ad ogni modo, la mia fortuna è stata quella di incontrare alcuni ottimi insegnanti in Conservatorio che sapevano benissimo scindere le due carriere e sono stati per me l’esempio migliore.

Tornando alle Vele di Oniride, progetti futuri?

Suoneremo a Porretta Prog il 6 agosto, poi siamo d’accordo con Loris per la realizzazione di una cover (sorpresa) ed io personalmente sto già pensando al secondo album.

In ascolto il teaser dell'album



giovedì 8 giugno 2023

Parafulmini: Incubini (Tiny nightmares)

L'ensemble dei Parafulmini colpisce ancora, dopo il fulminante esordio del 2018 (vedi
La band pisana guidata dal compositore Marco Bigliazzi:  batteria e altri "arnesi" percussivi coadiuvato dal sassofonista Filippo Brilli e dal bassista, chitarrista and operatic voice Riccardo Zini il 16 settembre 2022, sempre per Lizard Records, ha sfornato "Incubini (Tiny nightmares)" ipotetica colonna sonora di un film inesistente dalla fitta trama.
Il concept album è incentrato sulle mirabili avventure di Giangualberto Incubini nato da un mangiatore di spade e da una zampognara e rimasto orfano prematuramente. Il padre adottivo Professore AntonLuca Magnifizio, etnologo dello spazio già protagonista del precedente disco, lo avvia ben presto alla scienza e al caciucco. Una mattina Incubini viene prelevato da una misteriosa scodella volante e trasportato fino al pianeta schiumoso Tallox ove è condotto al cospetto del Faraone Fanfarone autentica minaccia per la terra ma Giiangualberto riesce a fuggire attraverso una buca per le lettere e dopo altre avventure grottesche il Fanfarone attirato da una trappola viene reso inerme e il Professor Magnifizio abbraccia il figlio adottivo in un tripudio di frullatori a isotopi di melanzane.
L'album di 11 tracce, alcune delle quali delle suites con movimenti, per oltre 50 minuti si protrae artisticamente verso Avant-prog, R.I.O. ,Post-Punk, fusion e alternative rock in una apoteosi creativa di suggestivo impatto.
Anche in questa occasione Bigliazzi and co. si sono avvalsi di ospiti definiti "Parafulmini onorari": Luca Cantasano: basso, synth. Fabrizio Asmagheddon Bondi e Mezz Gacano: chitarra.
In ascolto la nona traccia dal titolo "Cornacchiaia" che è una ex trapezista del pianeta Tallox, cacciata dal pianeta per un complotto dei parrucchieri nani. L'estetista, antica amica della madre di Incubini nonchè spia in incognito, gli rivela che Fanfarone non è altro che il figlio di Cornacchiaia. 





SeddoK

Ci sono pubblicazioni discografiche italiane che lasciano comunque il segno anche dopo alcuni ascolti. Una di queste è il disco d'esordio  dei SeddoK, un trio di ottimi musicisti che, nell'ottobre 2022 per Lizard Records, ha rilasciato "Geometrie Nere".   
Il nome del gruppo è ripreso da un film horror fantascientifico del 1960 (vedi: https://it.wikipedia.org/wiki/Seddok,_l%27erede_di_Satana ) mentre il titolo dell'album è ispirato alle opere del pittore/partigiano veneziano Emilio Vedova (vedi:  https://it.wikipedia.org/wiki/Emilio_Vedova ).
Il full length di oltre tre quarti d'ora, meramente strumentale, è composto da cinque tracce, quattro con titoli numerici e una bonus track "Nascita di una dittatura" che è la reinterpretazione del brano composto dal romano Gianni Marchetti https://it.wikipedia.org/wiki/Gianni_Marchetti per l'omonima serie televisiva del 1972 in sei puntate condotta dal giornalista Sergio Zavoli  (vedi:
La proposta musicale è orientata verso un sound eterogeneo e mai banale che spazia dal RIO al Zeuhl, dall'hard rock progressivo alla psichedelia, il tutto impreziosito dall'artwork del cd a cura di Popoki (vedi:https://www.popokiartwork.com).
Line up: A.T La Morte  : basso. Marco Nepi: chitarra e Enzo P. Zeder (Salmagundi, Hogzilla, Kotiomkin) : batteria e sintetizzatori.
In ascolto il quarto brano del disco "0104"



lunedì 5 giugno 2023

Giant the Vine: A Chair at the Backdoor

La band genovese dei Giant the Vine, dopo lo splendido esordio, di cui parlammo anche su questo  blog http://progressivedelnuovomillennio.blogspot.com/search?q=giant+the+vine, ha recentemente pubblicato il secondo album " A Chair at the Backdoor" per la label indipendente Luminol Records http://www.luminolrecords.com


Abbiamo posto al compositore/chitarrista Fabio Vrenna, che ringraziamo di cuore e psiche, alcune domande relative alla band e al nuovo disco, ecco cosa ci ha gentilmente risposto.

Fabio, puoi raccontarci , in sintesi,  la storia del gruppo per chi ancora non vi conosce?

Arriviamo tutti da esperienze precedenti, ovviamente, ci siamo conosciuti grazie ad alcune inserzioni e abbiamo condiviso, fin dall’inizio, l’intenzione di registrare e pubblicare un album con i 12 brani già imbastiti dal sottoscritto. All’inizio eravamo tre estranei accomunati soltanto da gusti musicali simili e dalla voglia di fare musica originale, strumentale.
Quando siamo entrati in studio per registrare Music for Empty Places eravamo ancora in 3: oltre a me c’erano Fulvio Solari (chitarrista anche lui) e Daniele Riotti (batteria), mentre Antonio Lo Piparo è arrivato solo dopo l’uscita del disco. 
Music for Empty Places (Lizard Records 2019) ha ottenuto una buona risposta dalla critica, che ci ha incoraggiato a proseguire, ma non abbiamo avuto la possibilità di promuoverlo come avremmo voluto perché nel giro di pochi mesi ci siamo ritrovati chiusi in casa, impossibilitati a suonare insieme o dal vivo, e così abbiamo cominciato ad abbozzare alcune idee per il secondo album.

Nel 2023 , dopo quattro anni di attesa, ecco il secondo full length “A Chair at the Backdoor”, ci narri la genesi del nuovo disco?

A Chair at the Backdoor nasce dalla volontà di dare un seguito a Music for Empty Places senza incorrere negli stessi errori. Volevamo fare un disco suonato e suonabile, cosa che in alcuni brani del primo album risultava difficile, volevamo arrivare in studio con un arrangiamento definito, senza incertezze o invenzioni dell’ultimo momento.
Abbiamo realizzato una pre-produzione registrata live in studio e l’abbiamo sottoposta a più etichette. Luminol Records si è fatta avanti mentre Lizard Records si è tirata indietro e questo ci ha fatto capire che stavamo cambiando direzione.
Anche per A Chair at the Backdoor abbiamo preparato e registrato più brani di quanti non ne siano stati inseriti nel disco; La scelta finale è caduta su quelli che contribuivano a dare omogeneità al lavoro.

Grande cura compositiva, affiatamento tra i musicisti, impronta sonora che lascia il segno sulla sabbia del post rock progressivo del nuovo millennio, in una sorta di guida musicale all’album proviamo a farlo brano per brano, ti chiedo di descrivere sinteticamente la cifra stilistica di ogni singola traccia e il messaggio emozionale ad esso associato in una sorta di guida all’ascolto…


Protect Us from the Truth
“parla” della necessità di aggrapparsi a qualcosa e mettere la testa sotto sabbia per non guardare in faccia la verità. In questo brano alcuni riferimenti ai Genesis di The Lamb Lies Down on Broadway sono abbastanza evidenti.

Glass è una dei 12 brani preparati per Music for Empty Places, nonostante sia un pezzo semplice, non eravamo riusciti a farla suonare come avremmo voluto e fa riferimento alla fragilità di alcune certezze.

The Potter’s Field è nata durante il lockdown, quando arrivavano le immagini di Hart Island e del campo del vasaio. E’ una canzone tetra, sulla morte dei non amati, rappresentata molto bene da Inès Lendinez, sulla cover del disco, mediante un cuore nero appeso a una catena.

Jellyfish Bowl rappresenta il vuoto a cui rivolgiamo lo sguardo decine di volte, nel corso della giornata in cerca di distrazione. Musicalmente parlando, l’intenzione iniziale era quella di trasmettere l’emozione che proviamo ascoltando alcuni brani di Sakamoto o Morricone. Non siamo riusciti nel nostro intento, ma è venuto un bel pezzo lo stesso.

The Heresiarch e Inner Circle nascono come un unico brano riferito ai padri di alcune eresie, come Dolcino o Marcione, e alla loro fine. Il brano che chiude e dà il titolo all’album è stato un vero parto, abbiamo impiegato mesi, se non anni, per arrivare alla forma definitiva. Il titolo è tratto dal primo verso di Myrrhman dei Talk Talk. Questa immagine evoca pensieri diversi: la paura che qualcuno possa entrare dalla porta sul retro, la confidenza di chi usa l’ingresso secondario o il far entrare un ospite dal retro per non farlo notare.

Nel presentare questo disco avete scritto che ha “un nuovo sound, più maturo e consapevole, in cui la poliedricità di Steven Wilson sembra incontrare la profondità di Thom Yorke e Mogwai”,  puoi approfondire questo concetto?

Con il dovuto rispetto per Wilson e Yorke, forse possiamo dire che il primo ha scritto dei capolavori nell’ambito di un genere perfettamente definito. Yorke ha scritto dei capolavori senza preoccuparsi di dove andassero collocati. I Giant the Vine partono dal Progressive Rock, ma ambiscono a svincolarsi da certi stilemi che lo caratterizzano da oltre 50 anni.

Il precedente album ricevette numerosi lodi a livello di critica musicale, credi che il nuovo lavoro, che personalmente trovo ottimo, possa ricevere altrettanti attestati di stima?

Beh lo spero, lo speriamo tutti e 4, certamente. Questa volta, però, ci piacerebbe avere anche la possibilità di farlo conoscere, di farlo ascoltare, e di suonarlo il più possibile.

Quanto è differente “raccontare una storia” attraverso un brano totalmente strumentale rispetto a composizioni che hanno testo e musica?

Per certi aspetti è più facile, perché un brano strumentale consente una narrazione più snella e più simile a un’immagine. L’ascolto di The Potter’s Field non può, di per sè, evocare il cimitero di Hart Island, ma la combinazione tra la musica e il titolo, e il ricordo delle immagini che arrivavano dagli USA durante il lockdown, danno un’idea del nostro stato d’animo di quel periodo.

Nel frattempo c’è stato un cambio di etichetta, siete passati da Lizard Records a Luminol Records, puoi spiegarci questo avvicendamento?

Non è stata una nostra scelta. Lizard non era interessata al nostro secondo album mentre Luminol lo era. A ben guardare, questo ha corrisposto a una evoluzione nel nostro modo di comporre. Abbiamo preso le distanze da certo Prog degli anni 70 per avvicinarci a (certo) post rock. Non arriviamo ai brani monolitici dei Mogway o We Lost the Sea, ma non facciamo neppure i soli di moog.

Cosa si prova a suonare con i Giant the Vine e soprattutto con la propria figlia Ilaria?

Suonare con Ilaria è sicuramente una grande soddisfazione come padre, ma anche come musicista perchè è molto dotata e, col suo tocco, riesce ad aggiungere alle parti di piano quella espressività che, durante la stesura dei brani, è totalmente assente nelle mie bozze. Fino ad oggi, è sempre stata disponibile ad aiutarci per registrazioni o riprese video ma, purtroppo, da qualche tempo si è trasferita in Irlanda ed è più difficile averla con noi.
Suonare con i Giant è una bellissima avventura, cominciata proprio quando credevo che sarei stato costretto a smettere di suonare.

Ti propongo un gioco, usa una metafora o solamente un aggettivo per descrivere ogni componente della band…

Difficile. Siamo 4 nerd che parlano solo di musica.

Altro momento ludico, se ti proponessero di suonare con un musicista attualmente in attività chi sceglieresti e come mai?

Nessun dubbio: Richard Barbieri !



Il futuro cosa riserva ai Giant the Vine?

Il bello di non essere professionisti consiste nella libertà di poter comporre e proporre quello che ci sentiamo di fare. Le nostre scelte artistiche non cambieranno le nostre vite. 
I consensi che riceviamo ci danno conferma del fatto che esiste anche un pubblico che ha voglia di ascoltare musica non condizionata dal denaro o dai grandi numeri, quindi continueremo a fare quello che ci piace, e a cambiare il modo di farlo, fino a quando non saremo disgustosamente ricchi…

In ascolto e in visione la seconda traccia Glass




sabato 3 giugno 2023

Il Cerchio d'Oro: Pangea e le tre lune

Prologo

Dell'ensemble savonese de Il Cerchio d'Oro già parlammo in occcasione dell'uscita dei precedenti tre album riferiti alla teoria cosmogonica dei quattro elementi elencati da Empedocle, filosofo presocratico, che lui chiama "radici" vedi:
In questa occasione il quintetto si è cimentato nell'elemento della Terra.

L'album

Il nuovo disco Pangea e le tre lune, rilasciato il 13 maggio 2023 nuovamente dalla label genovese Black Widow Records https://blackwidow.it, consta di sei tracce nella trasposizione in vinile per quasi tre quarti d'ora di ottimi fraseggi progressivi. La versione in cd presenta la bonus track "Crisi", un brano non originale in quanto si tratta di un singolo dell'1981 dei Black Out che di fatto per un triennio, all'inizio degli anni ottanta, è stato il progetto più hard rock del Cerchio d'Oro, in questo brano super tirato  alla chitarra c'è Valerio Piccioli, il detentore dello strumento a corde ai tempi della composizione.
L'album è un concept che, attraverso la brillante penna del paroliere storico del gruppo Giuseppe "Pino" Paolino, narra la storia inedita del pianeta terra (Pangea) che ha tre satelliti, ossia tre lune diverse per ampiezza e colore, in continua rivalità, interessante il discorso dell'antropomorfizzazione della materia. In questa lotta, la nera che "attendeva sorniona nell'ombra" vide le contendenti (rossa e gialla) annientarsi andando a formare "un milione di stelle" , una di quelle, di grandi dimensioni, caduta sulla terra diede inizio alla vita  "...e la vita iniziò in quel mare ora blu, giù nel fondo iniziò e non si fermo più". 
La luna superstite, finezza concettuale, rimase in cielo potendo assumere anche le caratteristiche cromatiche delle altre due.
Disco splendido per arrangiamenti ed esecuzione in cui i riff chitarristici di Spica sono fascinosi ed espressivi, la sezione ritmica dei gemelli Terribile è davvero "terrific" che in inglese significa magnifica, Piccolini in una antinomia semantica è grandioso alle tastiere  e Pradal con la sua voce graffiante lascia il segno come lo lasciano le vampe gratificanti delle armonie vocali, vero marchio di fabbrica della band ligure.
Altra chicca assoluta il disegno di copertina (vedi sotto) commissionata ad Armando Mancini, conosciuto nel mondo musicale per le svariate collaborazioni artistiche con Mina, Fabrizio De Andrè, Adriano Celentano, i Pooh, Riccardo Cocciante, The Trip, Il Rovescio della Medaglia, Quella Vecchia Locanda...
Line up: Franco Piccolini: tastiere. Gino Terribile: batteria, voce solista, cori. Giuseppe Terribile: basso, voce solista, cori. Piuccio Pradal: chitarra, voce solista, cori. Massimo Spica: chitarra solista. 
Come in ogni altro loro disco, anche in questo il Cerchio d'Oro si avvale di prestigiosi ospiti, in primis l'eccelso violinista statunitense Donald Lax (Quella Vecchia Locanda), poi i talentuosi chitarristi Tolo Marton (Le Orme) e Ricky Belloni (New Trolls) e la voce recitante del regista/attore Carlo Deprati. 
Lavoro registrato al Mazzi Factory di Toirano (SV) dal mitico  Alessandro Mazzitelli
Dall'album, dedicato a due ex chitarristi del gruppo Maurizio Bocchino (dal 1977-1979) e Bruno Govone (dal 2009 al 2013) che hanno dismesso la veste terrena, ascoltiamo/vediamo  "Dal Nulla Così", seconda traccia del lato B.

Epilogo

Dopo aver completato la tetrologia degli elementi ci si potrebbe aspettare, per completare l'opera, una incursione, da parte della band di Savona, sulle tematiche dell' Amore (che ha la caratteristica di legare e congiungere) e dell' Odio ( che possiede la qualità di separare e dividere mediante la contesa ) che sono poi i due principi fondamentali che Empedocle pone accanto alle quattro "radici" (acqua, aria, fuoco e terra) come motore del loro divenire nei molteplici oggetti della realtà. Di sicuro Il Cerchio d'Oro è più vitale che mai e non mancherà di stupirci anche nel prossimo futuro.

In conclusione una storiella minima con i musicisti e i titoli dei brani in neretto.

Nella pangea del metaverso, la Dea apparve in un pradal di spazi tridimensionali.
La divina figura era rappresentata dalle tre lune, archetipi della sua sacralità.
La prima, quella vergine,logorandosi  in un dialogo interiore senza sosta, durante una terribile crisi endogena si smarrì alla deriva del buco nero dell’incoscienza.
La seconda, la luna madre, si erse suprema e la vita iniziò dal nulla così come germoglia una spica di grano in un campo incolto.
La terza, quella crona, anziana e saggia si sedette su dei sassi  piccolini ma confortevoli, meditando sui costrutti della vita e lì visse per l'eternità.