La band genovese dei Giant the Vine, dopo lo splendido esordio, di cui parlammo anche su questo blog http://progressivedelnuovomillennio.blogspot.com/search?q=giant+the+vine, ha recentemente pubblicato il secondo album " A Chair at the Backdoor" per la label indipendente Luminol Records http://www.luminolrecords.com
Fabio, puoi raccontarci , in sintesi, la storia del gruppo per chi ancora non vi conosce?
Glass è una dei 12
brani preparati per Music for Empty Places, nonostante sia un pezzo semplice,
non eravamo riusciti a farla suonare come avremmo voluto e fa riferimento alla
fragilità di alcune certezze.
The Potter’s Field è nata durante il lockdown, quando arrivavano le immagini di Hart
Island e del campo del vasaio. E’ una canzone tetra, sulla morte dei non amati,
rappresentata molto bene da Inès Lendinez, sulla cover del disco, mediante un
cuore nero appeso a una catena.
Jellyfish Bowl rappresenta il vuoto a cui rivolgiamo lo sguardo decine di volte, nel
corso della giornata in cerca di distrazione. Musicalmente parlando,
l’intenzione iniziale era quella di trasmettere l’emozione che proviamo
ascoltando alcuni brani di Sakamoto o Morricone. Non siamo riusciti nel nostro
intento, ma è venuto un bel pezzo lo stesso.
The Heresiarch e Inner Circle nascono come un unico brano riferito ai padri di alcune eresie, come Dolcino o Marcione, e alla loro fine. Il brano che chiude e dà il titolo all’album è stato un vero parto, abbiamo impiegato mesi, se non anni, per arrivare alla forma definitiva. Il titolo è tratto dal primo verso di Myrrhman dei Talk Talk. Questa immagine evoca pensieri diversi: la paura che qualcuno possa entrare dalla porta sul retro, la confidenza di chi usa l’ingresso secondario o il far entrare un ospite dal retro per non farlo notare.
Nel presentare questo disco avete scritto che ha “un nuovo sound, più maturo e consapevole, in cui la poliedricità di Steven Wilson sembra incontrare la profondità di Thom Yorke e Mogwai”, puoi approfondire questo concetto?
Con il dovuto
rispetto per Wilson e Yorke, forse possiamo dire che il primo ha scritto dei
capolavori nell’ambito di un genere perfettamente definito. Yorke ha scritto
dei capolavori senza preoccuparsi di dove andassero collocati. I Giant the Vine
partono dal Progressive Rock, ma ambiscono a svincolarsi da certi stilemi che
lo caratterizzano da oltre 50 anni.
Il precedente album ricevette numerosi lodi a livello di critica musicale, credi che il nuovo lavoro, che personalmente trovo ottimo, possa ricevere altrettanti attestati di stima?
Beh lo spero,
lo speriamo tutti e 4, certamente. Questa volta, però, ci piacerebbe avere
anche la possibilità di farlo conoscere, di farlo ascoltare, e di suonarlo il
più possibile.
Quanto è differente “raccontare una storia” attraverso un brano totalmente strumentale rispetto a composizioni che hanno testo e musica?
Per certi
aspetti è più facile, perché un brano strumentale consente una narrazione più
snella e più simile a un’immagine. L’ascolto di The Potter’s Field non può, di
per sè, evocare il cimitero di Hart Island, ma la combinazione tra la musica e
il titolo, e il ricordo delle immagini che arrivavano dagli USA durante il
lockdown, danno un’idea del nostro stato d’animo di quel periodo.
Nel frattempo c’è stato un cambio di etichetta, siete passati da Lizard Records a Luminol Records, puoi spiegarci questo avvicendamento?
Non è stata una nostra scelta. Lizard non era interessata al nostro secondo album mentre Luminol lo era. A ben guardare, questo ha corrisposto a una evoluzione nel nostro modo di comporre. Abbiamo preso le distanze da certo Prog degli anni 70 per avvicinarci a (certo) post rock. Non arriviamo ai brani monolitici dei Mogway o We Lost the Sea, ma non facciamo neppure i soli di moog.
Cosa si prova a suonare con i Giant the Vine e soprattutto con la propria figlia Ilaria?
Ti propongo un gioco, usa una metafora o solamente un aggettivo per descrivere ogni componente della band…
Difficile. Siamo 4 nerd che parlano solo di musica.
Altro momento ludico, se ti proponessero di suonare con un musicista attualmente in attività chi sceglieresti e come mai?
Nessun
dubbio: Richard Barbieri !
Il futuro cosa riserva ai Giant the Vine?
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