Rikard Sjoblom (Beardfish)

Rikard Sjoblom (Beardfish)
“La luce sul Prog non si è mai spenta, è stata solo offuscata in attesa di nuova energia dal risveglio delle coscienze....”. (Mauro Pini)

sabato 27 maggio 2023

Antilabè

Degli Antilabè già parlammo in occasione dell'album del 2018 Domus Venetkens 
http://progressivedelnuovomillennio.blogspot.com/2019/07/antilabe.htmlRecentemente il combo veneto, sempre per Lizard Records http://www.lizardrecords.it,  ha dato alle stampe il 33 giri Animi Motus.

Abbiamo pertanto chiesto al bassista/paroliere Adolfo Silvestri di guidarci nel fascinoso universo Antilabè.



Adolfo, prima di addentrarci nel nuovo disco, ti chiedo di descriverci sinteticamente la genesi della band che ha già 30 anni d’età, così da contestualizzare il tutto per chi non vi conosce.

L’embrione del gruppo nasce nel 1993, dopo aver militato in vari gruppi, la voglia di sperimentare mi porta a collaborare con il compositore Graziano Pizzati. Realizzata l’iniziale stesura dei brani, grazie all’ausilio dei primi strumenti digitali, il desiderio di allargare il contributo ad altri musicisti ci porta a delineare nel tempo formazioni eterogenee che hanno permesso al gruppo di esprimere a pieno la propria creatività senza schemi precostituiti. Sappiamo che spesso è necessario, soprattutto da parte dei critici, inquadrare i gruppi in un contesto specifico, ma possiamo dire che noi non rientriamo in questa regola, non amiamo essere ingabbiati ed il nostro stile è frutto di un interesse per tutti i generi, dalla classica al rock, dal folk al jazz, in un alternarsi continuo che trova ispirazione proprio nell’eterogeneità.

Con Animi Motus siete giunti al quarto full length, il terzo nel nuovo millennio, disco realizzato anche attraverso una proficua campagna di crowdfunding, come mai questa decisione?

Normalmente una band che non abbia un contratto con un’etichetta discografica si autofinanzia con i concerti, purtroppo in questi ultimi anni il mondo della musica è stato colpito da eventi che lo hanno penalizzato notevolmente e la ripresa, soprattutto per gruppi meno conosciuti come il nostro, è ancora lenta. Ci siamo quindi rivolti al crowdfunding e, sia pure ottenendo un risultato parziale, dobbiamo ringraziare coloro che ci hanno supportati perché il loro contributo è servito ad abbassare i costi, sempre molto alti se si vuole un prodotto di qualità.

Da nostalgico il ritorno della diffusione dei dischi in vinile, anche per le nuove uscite, mi gratifica parecchio. Com’è nata l’idea di far uscire il nuovo disco in formato 33 giri in edizione limitata a 300 copie?

L’idea del 33 giri ha radici lontane, risale al periodo adolescenziale quando acquistavo i LP dei miei gruppi preferiti (Gentle Giant, Genesis, Banco, PFM, tanto per citare qualche nome) e nel contempo sognavo un giorno di realizzarne uno anche mio. Si dà il caso che anche il chitarrista del gruppo, Marino Vettoretti, avesse la stessa idea (quando si dice empatia…), farla accettare successivamente dagli elementi più giovani del gruppo non è stato difficile, se non altro per la curiosità e per questo ritorno al vinile che oggi sembra godere di una seconda vita. Quanto all’edizione limitata, in primis c’è la questione economica, non potevamo permetterci di più, e forse inconsciamente ci solletica anche l’idea che in un futuro lontano il nostro LP possa diventare un pezzo raro per i collezionisti.

Rock progressive, afflati canterburiani, fusion-jazz, world music, folk, musica da camera, una pletora di generi racchiusi nel vostro album, l’eterogeneità è il vostro punto focale ma con la bussola del sentimento non è difficile addentrarsi nel pianeta Animi Motus, proviamo a farlo traccia per traccia, ti chiedo di descrivere sinteticamente la cifra stilistica di ogni singolo brano e il messaggio emozionale ad esso associato in una sorta di guida all’ascolto…

Il viaggio di questo album concept inizia fra i Labirinti della mente, laddove l’intricato groviglio sinaptico prende forma da un ostinato di marimba, la melodia si innesta a canone con il sax e nella risposta al tema principale fa capolino una danza dal sapore rinascimentale in tempo ternario. Al centro del brano troviamo una parte più spirituale, i versi in latino scandiscono il tema principale nel percorso della vita, un raggio di luce che illumina la via. Da questo punto in poi le note del sax soprano pian piano si fanno strada, dapprima isolate, poi sempre più ravvicinate in un solo dai toni jazz che in un continuo alternarsi di incastri a canone ci conduce verso la fase conclusiva. 
Adesso siamo scesi nelle profondità dell’animo, Metalleia è l’antro oscuro delle emozioni: il mito della caverna di Platone, cui s’ispira il brano, è qui ben rappresentato da una matrice fugata e da un cambio ritmico continuo fra tempi dispari e pari, semplici e composti, ad eccezione della sezione ritmica, tutti gli strumenti eseguono frammenti tematici che si rincorrono. Quando le ombre oscurano la capacità di raziocinio, le scelte diventano difficili ed il dubbio si insinua lentamente, cosa fare? Dubitar nasce da un’idea ritmico-melodica di uno strumento molto particolare che si chiama handpan ed è cantato in sabir, un idioma di servizio parlato in tutti i porti del Mediterraneo tra l’epoca delle Crociate ed il sec. XIX. Intorno a quest’idea abbiamo costruito la doppia linea melodica del flauto contralto e dell’oboe, un gioco di strumenti acustici che coniugati alle note del glockenspiel, del pianoforte e della chitarra classica racchiudono una voce dai toni suadenti. Ma dietro l’angolo la tempesta ci assale con tutta la sua intensità e sono proprio gli stacchi iniziali di Timor panico, irregolari nel metro, a sottolineare quello stato emotivo che arriva all’improvviso e ci coglie di sorpresa. Il respiro diventa affannoso, cassa e rullante da rock pesante aggrediscono con tutta la loro veemenza fino a quando la mente si fa strada e lascia il passo ad un vibrafono dalle note che inducono alla meditazione. Un attimo fugace e subito dopo riaffiora la paura, il ritmo incalza nuovamente, non dà scampo, fino a quando alla fine si esaurisce lasciando lo strascico inquietante di un quesito: c’è forse una via d’uscita?

Il lato B di Animi Motus si apre con Segregatione, scelta non casuale quella del titolo che sta ad indicare proprio l’essere dentro una situazione, un futuro incerto per chi è costretto a vivere in condizioni di isolamento. Esprimiamo la nostra denuncia contro ogni tipo di privazione subito quotidianamente dal genere umano, in particolar modo dalle donne, con sonorità ambient che inaugurano il nuovo corso compositivo del gruppo: la voce artefatta di una ragazzina di 17 anni, avvolta dal dolore e calpestata nei suoi diritti, si fonde ai suoni laceranti e metallici di pesanti catene, le fa eco l’urlo di una sua coetanea che augura non si debba assistere più a simili ingiustizie. Il lamento lontano di una madre svanisce nel momento in cui tutti gli strumenti all’unisono esordiscono con un ritmo incessante, un’arma sonora che ripete le stesse note e non lascia adito ad alcun tipo di speranza. Dopo non resta che la prostrazione assoluta di rimanere soli con se stessi, lontani da ogni contatto con il mondo esterno…

Ascoltiamo Segregatione




De animi solitudine, l’unico brano strumentale, ha per protagonista un pianoforte gran coda Steinway: note sparse qua e là, senza una meta, a disegnare una trama sottile che si perde nella lunghezza delle vibrazioni e sottolinea il senso di vuoto e il disorientamento, però la mente vive ancora, nessuna catena fisica potrà mai imbrigliarla, e allora i suoni si avvicinano, reminiscenze classiche  bramano lasciar le ombre per il vero, si rincorrono in un gioco finalizzato a rasserenarci, anche se alla fine ci accorgiamo che è tutta un’illusione…
Non bisogna disperare, per superare le avversità occorre scoprire in esse le opportunità di crescita e c’è solo un modo: Resilienza è il brano più prog dell’album, un’ouverture sospesa, con tastiere che richiamano le atmosfere preferite da Vangelis, apre la via alle note del pianoforte e del sax con una sezione ritmica inquadrata e puntuale che lascia ampi spazi ad una voce calda e decisa. L’ostinato centrale, con trame ritmiche più complesse, sfocia alla fine verso sonorità molto care agli amanti del prog italiano anni settanta. Una luce nuova chiude l’album recando con sé il messaggio di speranza che dovrebbe supportarci soprattutto nei momenti più difficili della vita. Il brano è una sorta di viaggio nel viaggio, ripercorre tutte le fasi di questo itinerario, dai suoni ancestrali di un passato oscuro e lontano si arriva ad un recitativo che con diversi toni descrive il caleidoscopio di emozioni che hanno condotto l’ascoltatore fino a questo momento. La svolta avviene quando un’orchestra d’archi attacca le prime note della melodia principale le cui trame vengono sottolineate ritmicamente dai timpani, un incedere che va sfumando lasciando le ultime note proiettate verso un futuro più roseo.

Citando, come avete fatto anche voi, il padre dell’antroposofia Rudolf Steiner, la  realtà universale è una manifestazione spirituale in continua evoluzione. Credo che la sensazione ascoltando il vostro disco per intero (https://antilabe.bandcamp.com/album/animi-motus ) sia quella di una scoperta ininterrotta, come se ad ogni ascolto emergessero delle nuove sfumature sensoriali, che pensiero hai al riguardo?

Hai individuato perfettamente il leitmotiv di Animi Motus e dell’intero percorso musicale del gruppo: riuscire a trasferire, mediante suoni e parole, le emozioni che stanno alla base dei nostri brani. Come tali, i “movimenti dell’animo” sono intrisi di individualità, pur stabilendo un comune denominatore nell’accezione generale del termine, tuttavia ogni universo personale è a sé stante, un afflato che si autoalimenta…Pensiamo alla nostra musica come un’onda sonora che funziona da stimolo, generando sinapsi emotive che ad ogni ascolto danno forma ad incontri sensoriali di vario tipo. Se riusciamo ad ottenere questo risultato, anche per poche persone, abbiamo centrato il nostro obiettivo primario.

A mio avviso l’unica pecca del disco è quella di essere troppo breve (con i cd o i digital album siamo abituati a minutaggi più consistenti), giacché la fragranza della fruizione si consolida in ogni singola nota, ti chiedo se col senno di poi avresti cambiato qualcosa…

Animi Motus è il frutto della collaborazione fra me e Marino, gran parte del materiale è venuta di getto, ma alla fine ci siamo convinti che per ogni brano la durata fosse quella giusta. Nei vari passaggi, fra la creazione e la registrazione, è stato inevitabile effettuare tagli, aggiustamenti, ridimensionamenti, ma bisogna considerare anche il limite di tempo oltre il quale chi stampa vinili consiglia di non andare. Per dirla tutta, ci sarebbe stato qualche minuto in più per lato, ma a nostro avviso non avrebbe cambiato molto la fisionomia dell’intero album.

In Animi Motus, oltre al basso suoni l’handpan, strumento idiofono che mi fece conoscere anni fa il mio concittadino Loris Lombardo, come mai questa scelta? 

Sono un patito di strumenti, se potessi ne riempirei la casa, ma devo limitarmi anche perché non ho molto spazio a disposizione. L’handpan era uno di quelli in lista da molto tempo, sono affascinato dal suo suono che ammalia e rilassa, mi sembrava quindi l’ideale per descrivere le atmosfere di Dubitar, un brano acustico in cui c’è modo di dialogare anche con flauto traverso ed oboe.



Spesso le copertine sono fondamentali per la buona riuscita dei dischi, quella del maestro Pier Toffoletti è davvero particolare, gli occhi della donna…il suo sguardo, è magnetismo puro…

La scelta della cover è stato un vero e proprio coup de foudre, ricordo che stavo navigando in internet quando all’improvviso venni rapito da un’immagine: i colori, la tecnica, lo sguardo intenso, velato di malinconia, ma rivolto verso un altrove che non si scorge…non ebbi alcun dubbio, era la copertina ideale!
Vado subito alla ricerca dell’autore e scopro che è un pittore di fama internazionale, abita a Udine, non molto lontano da casa mia. Decido di contattarlo nella speranza che possa nascere una collaborazione con gli Antilabé, e la risposta non si fa attendere: con grande gioia e grazie al linguaggio universale dell’Arte, Pier Toffoletti si rivela persona squisita ed empaticamente in sintonia con il nostro lavoro, concedendo a titolo gratuito l’utilizzo della sua opera.

Ti propongo un gioco, usa una metafora o solamente un aggettivo per descrivere ogni componente della band…

Luca Crepet: la tenacia

Alessandro Leo: l’intraprendenza

Adolfo Silvestri: la passione

Loris Sovernigo: l’arte

Luca Tozzato: l’accuratezza

Marino Vettoretti: la creatività

Carla Sossai: la concordia





Cosa provi nel comporre e suonare con gli Antilabé?

Ritengo utopistico parlare di gruppo, in qualsivoglia contesto, come di un nucleo coeso che avanza imperterrito, animato da un comune ideale. Personalmente preferisco parlare della “magia dei gruppi”, quel momento particolare che rende possibile arrivare a certi risultati non perché le motivazioni siano identiche per ogni componente, ma piuttosto perché improvvisamente si creano dei “punti di contatto” nella diversità dei singoli. Amo questo clima che si crea anche all’interno degli Antilabé, il poter condividere rimanendo se stessi, esprimendo le proprie idee che pian piano si ampliano con il contributo degli altri elementi, ogni tessera ha una sua forma, un suo colore, ma il risultato finale è uno splendido ed unitario mosaico variopinto.

Quando penne illustri come Mauro Furlan scrivono: “Affermo senza remore che Antilabé è uno degli ensemble più interessanti ed importanti della nostra scena underground” cosa ti fa pensare?

Sicuramente valutazioni di questo tipo, provenienti da una persona che sa di musica a 360°, non possono che far piacere; al pari di altri critici, che si sono espressi favorevolmente nei confronti di questa ultima opera, le parole di Mauro Furlan ci fanno pensare che abbiamo lavorato bene, non solo dal punto di vista compositivo, ma anche per quanto concerne la qualità della registrazione e della stampa finale per la quale ci siamo affidati a grandi professionisti del settore, non ultimi gli esperti degli Air Studios di Londra per la fase di mastering.

Più agevole per te scrivere libri o testi per composizioni musicali? Quali sono le differenze?

Bella domanda…In ambito musicale mi cimento da diverso tempo con i testi, solitamente attendo che venga completato un brano perché mi stimola molto creare quella fantastica fusione fra suoni e parole che a volte, private di significato, diventano pura onomatopeica. Oramai è una pratica alquanto agevole, ti posso dire che per alcuni brani di questo ultimo lavoro sono bastate un paio di ore per ottenere il testo definitivo. Scrivere libri (al momento ne ho solo uno all’attivo, “Domus Venetkens”), è decisamente più complesso, comporta un impegno continuo che non può essere racchiuso in uno spazio di tempo limitato. Creato il canovaccio, bisogna poi documentarsi, andare alla ricerca di fonti se si fa riferimento a periodi storici ben precisi, costruire i personaggi, definire i loro caratteri, rileggere, correggere ecc. ecc. In ultima analisi ti confido che comunque la passione che riverso in entrambe le situazioni ha la stessa intensità, perché in fondo quello che mi gratifica di più è riuscire a descrivere mediante le parole.

Tornando agli Antilabé, prospettive future del gruppo?

Il desiderio immediato è quello di vedere riconosciuto quanto più possibile il contenuto di Animi Motus, un lavoro in cui abbiamo cercato di dare il meglio e che per noi rappresenta il punto di svolta rispetto al passato. In tal senso ci auguriamo di tornare ad una consistente attività live, sperando che anche attraverso il tuo blog ci possano essere nuovi contatti per chi ha la voglia e la curiosità di ascoltare la nostra musica. Di recente abbiamo anche collaborato con una scrittrice, Daniela Gianfrate,  abbiamo in programma alcuni eventi in cui le musiche di Animi Motus rappresenteranno la cornice  ideale per il tema così attuale che ruota intorno al supporto per i malati di Alzheimer.


Ringraziando Adolfo Silvestri per la piena disponibilità, ribadisco che Animi Motus, disco dalla bellezza sublime, non deve mancare nella discoteca dei melomani progressivi.

In conclusione una storiella minima con i titoli dei brani in neretto.

Fluttuavo, in segregazione tra i labirinti della mente, soggiogato dal timor panico e pervaso de animi solitudineTutto mi facea dubitar di me stesso! La notte tormentata lasciò spazio alla resilienza del mattino, scorsi una luce nuova che mi permise di allontanarmi da quella metalleia di sensazioni negative. Finalmente scovai anch’io l’amor che move il sole e le altre stelle…

 In ascolto Dubitar, il terzo brano del lato A .


 

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