mercoledì 29 marzo 2023
La Maschera di Cera: 20 years + 1
lunedì 27 marzo 2023
Diego Banchero
Grazie per la domanda Mauro, solitamente non mi è facile fare una presentazione troppo contenuta perché faccio (e ho fatto) davvero tante cose nel corso della mia vita. Non vado totalmente fiero di questa mia caratteristica perché non è del tutto positiva ed è frutto di una certa incapacità di trovare pace e soddisfazione.
Nel
nostro caso si parla principalmente di musica e posso saltare tutta una serie
di passaggi e dire di essere un musicista che cerca di mettersi alla prova in
più esperienze. Alcune delle attività passate che hai menzionato non le pratico
più da tempo per via dei troppi impegni. Tra queste ci sono, ad esempio, quella
di insegnante e quella di sound engineer.
Sono, invece, ancora molto attivo in più progetti come compositore e bassista (anche come turnista in contesti più commerciali).
Come mai sei diventato un musicista? quando è scattata la scintilla per accostarti ad Euterpe, la dea della musica?
Ho sentito la “vocazione” per la prima volta intorno ai 10 anni e ho convinto i
miei genitori a mandarmi a lezione di chitarra. Purtroppo non avevo attorno un
contesto troppo interessato alla musica (se si esclude qualche amico e un
cugino che aveva fatto del professionismo tra gli anni ’60 e gli anni ’70 come
bassista), quindi mi sono demotivato piuttosto velocemente e ho lasciato
perdere.
Solo
intorno alla fine delle scuole superiori mi sono appassionato al metal. In quel
periodo è nato un amore talmente forte per band come Iron Maiden, Black Sabbath
e Judas Priest da farmi comprendere che la mia vita doveva essere spesa con uno
strumento tra le mani. Ho preso in prestito il basso di mio cugino e sono
partito a “spron battuto”. Da quel momento non mi sono più fermato e ho cercato
di imparare tutto quello che poteva arricchirmi come strumentista; a tale scopo
ho approfondito molti generi differenti di musica.
Il 15 aprile avverrà all’Angelo Azzurro di Genova l’esordio del Diego Banchero Trio, ci puoi sintetizzare la genesi di questo stimolante nuovo progetto?
Dai tempi successivi agli studi alla Scuola Jazz Quarto (Genova), non ho più avuto un progetto a mio nome, ma mi sono sempre dedicato a mettere tutte le mie energie al servizio di progetti che non mi vedevano in primo piano (pur essendone quasi sempre il compositore principale e il direttore esecutivo).
Da tempo avevo voglia di
concedermi qualche esperienza come solista. Questo non sarà l’unico progetto
che intendo portare avanti in tal senso, ma è un punto di partenza.
Con Fernando e Roberto
abbiamo deciso di riarrangiare in chiave strumentale alcuni brani dei nostri progetti
attuali e passati (e abbiamo anche aggiunto alcuni inediti). Siamo partiti e
abbiamo trovato un nostro approccio con poche prove. Siamo molto contenti e ci
stiamo divertendo tantissimo.
Ne è uscita una sorta di
jazz-rock-prog-fusion caratterizzata dal nostro stile e dalle nostre sonorità
“noir” (uso questo aggettivo per sintetizzare).
Ovviamente il basso avrà
un ruolo di maggior rilievo rispetto al solito.
Seppure i
tuoi due compagni d’avventura, Roberto Lucanato alle chitarre Fernando Cherchi
alla batteria,siano amici /collaboratori da vari anni, com’è suonare senza farlo
sotto il moniker de “ Il segno del Comando” ?
Noi tre siamo
molto affiatati. Abbiamo condiviso tante altre avventure precedenti a Il Segno
del Comando (tra cui un’esperienza come turnisti in un tour del Regno Unito con
i Blooding Mask). Abbiamo suonato assieme in diversi paesi esteri e registrato
molti dischi. Qualsiasi cosa si faccia ci si intende a meraviglia.
Di fatto
cosa accadrà a voi tre quella sera su quel palco, ci puoi "spoilerare" qualcosa
sulla scaletta?
Eseguiremo delle versioni strumentali di brani de Il Segno del Comando, Egida
Aurea, Ballo delle Castagne, qualche pezzo inedito e una cover. Le atmosfere
spaziano tra l’horror-soundtrack, il poliziottesco, il jazz-rock e qualche
richiamo al nostro periodo folk.
Tutto
questo materiale (che, tranne la cover, ho composto negli anni) sarà
riarrangiato completamente per essere eseguito dalla formazione ristretta a tre
elementi. Ci sarà molta improvvisazione nelle parti solistiche.
Quanto è differente “raccontare una storia” attraverso un brano totalmente strumentale rispetto a composizioni che hanno testo e musica?
Io ho sempre avuto un approccio compositivo “da colonna sonora”. Amo molto anche scrivere i testi, ma non disdegno la musica strumentale. Si lavora sul non verbale, ma la mole di contenuti emotivi che si possono trasmettere non è necessariamente inferiore rispetto a quelle situazioni in cui la musica prevede una parte lirica. Avendo, in passato, suonato molto jazz tradizionale (in cui l’intervento dei cantanti era abbastanza raro) mi sembra di tornare un po’ alle origini.
Se ti dico Fabio Pignatelli tu cosa mi rispondi?
Fabio Pignatelli è di sicuro un bassista che mi ha influenzato molto. Sono
sempre stato un fan dei Goblin (ispirazione fondamentale per Il Segno del
Comando).
Ho
sviluppato uno stile piuttosto diverso da quello di Fabio dal punto di vista
tecnico, ma ciò non toglie che, analizzare il suo lavoro, sia stato per me
molto importante dal punto di vista formativo.
E se ora ti dicessi Jazz cosa inizierebbe a pensare la tua sensibilità
musicale?
Io non ho fatto studi classici. All’epoca il corso di basso elettrico non era
neanche presente nei conservatori.
Quando
ho sentito il bisogno di approfondire i miei studi mi sono iscritto alla già
menzionata Scuola Jazz Quarto di Genova. Ho avuto maestri che erano musicisti
di fama internazionale, ho fatto molti seminari con nomi importantissimi della
scena mondiale e ho amato ed amo tantissimo questo genere di musica. Lo ascolto
sempre con piacere!
Purtroppo
non ho più tempo per mantenermi sufficientemente preparato per suonarla. Ho
troppi impegni per farlo.
Nella tua carriera musicale ci sono molteplici esperienze musicali e
collaborazioni, quali sono quelle che ti hanno dato più soddisfazione?
Le esperienze più importanti e complete sono state senza dubbio quella con Il Segno del Comando e quella con Egida Aurea.
Comprendo che sia sempre difficile fare scelte di merito ma ti chiedo quali
sono i tuoi top 3 dischi tra quelli a cui hai collaborato come compositore/strumentista?
I tre album che della mia discografia che preferisco sono: “L’Incanto dello
Zero” (Il Segno del Comando), “La mia Piccola Guerra” (Egida Aurea) e “Surpassing
all Other King” (Ballo delle Castagne). Ovviamente amo anche gli altri lavori,
ma sono particolarmente legato a questi tre.
Tra quelli della storia della musica, quali dischi, uno italiano e uno
straniero, ti porteresti sull’ isola deserta e come mai?
La scelta è difficilissima, però provo a menzionare due album. Il primo è “Anime
Salve” di De Andrè. Ho amato Fabrizio fin da bambino e sull’isola, questo suo
disco, manterrebbe vivo in me il ricordo della mia Genova. Il secondo è “Live
One Summer Night” di Paco De Lucia (perché ci sono atmosfere che amo e perché mi
soddisfa molto anche dal punto di vista bassistico).
Tu, come professione, da tempo lavori come operatore sociale con persone che sono in difficoltà, qual è lo stato d’animo di Diego nell’accostare cotanta fragilità e umanità e quali “doni spirituali” ti offrono i pazienti.
Io lavoro come educatore professionale da 32 anni. Nell’ambiente in cui opero la
sofferenza è molta, ma le soddisfazioni (per chi affronta questo impegno con lo
scopo di far stare meglio chi è più fragile) sono tante.
Mi
sono sempre occupato volontariamente di casi particolarmente problematici, come
ad esempio le persone che soffrono di autismo “a basso funzionamento”.
In
passato si è presentata la possibilità di fare il musicista a tempo pieno, ma
ho preferito continuare con questa professione riabilitativa.
Personalmente,
negli anni, sono andato in contro a molto dolore, ma questo mi ha permesso
anche di fare un lavoro profondo sulla mia emotività (e questo è sicuramente
uno dei maggiori doni potessi ottenere).
Per
essere un buon educatore non bisogna solo saper ‘fare’, ma bisogna ‘essere’. Io
ho fatto mia questa filosofia e cerco di migliorarmi giorno per giorno. Così
farò fino alla fine del tempo che mi sarà concesso in questa dimensione.
Ogni
volta che si favorisce la crescita di qualcuno si contribuisce inevitabilmente
anche alla propria.
A mio
modesto parere, l’unico stato d’animo con cui ci si può accostare alla
fragilità è quello di chi prova e trasmette amore.
L’interesse
per la spiritualità e per l’esoterismo si sono integrati sempre perfettamente
con la mia formazione scientifica che è partita in ambito psicodinamico, ma che,
col tempo, si è estesa in una direzione multidisciplinare.
In ultimo: la tua dimensione in trio avrà un seguito o si tratta di un episodio
a se’ stante?
Io spero vivamente che quest’avventura prosegua negli anni a venire. L’intenzione c’è tutta! Ho sempre amato questo tipo di formazione perché lascia molto spazio ai musicisti e li mette alla prova in una sfida impegnativa.
venerdì 24 marzo 2023
Periphery
mercoledì 22 marzo 2023
Lorenzo Cellupica
Lorenzo, è interessante comprendere la storia di questo progetto, per te che sei musicista laureato al conservatorio, raccontaci com’è nata l’esigenza di comporre e registrare un album di solo pianoforte?
Ho sempre desiderato di registrare un album in piano solo, sia perché consente molta libertà a livello esecutivo dal momento che non ci sono altri musicisti con cui interagire, sia perché rappresenta una sfida, a livello sia tecnico che espressivo, molto impegnativa.
Dieci brani per oltre cinquanta minuti di musica, nove inediti più uno splendido omaggio ai Beatles con We can work it out (un loro singolo del 1965 coverizzato anche dai Deep Purple in The book of Taliesyn nel 68), ci descrivi sinteticamente, traccia per traccia, la genesi di ogni composizione?
Incipit è semplicemente una breve introduzione nata da un’improvvisazione.
A Piece of Cake è una sorta di brano folk molto vivace, anche se in alcuni punti compaiono delle armonie più moderne.
Spider è un misto di jazz modale e tonale, con una sezione centrale che riprende probabilmente alcuni elementi più legati al progressive rock o comunque ad un jazz moderno.
Hide and Seek è un pezzo più delicato, in cui ho tentato di unire delle melodie molto cantabili e pop ad una struttura più elaborata.
We Can Work it Out è il mio omaggio ad uno dei miei brani preferiti dei Beatles, che ho riarrangiato in maniera più jazz/soul.
Eleventh Avenue è ispirato alla musica di Thelonious Monk, in cui ho ripreso per l’appunto l’utilizzo degli accordi di undicesima diesis molto utilizzati dal pianista.
‘Round Midday è un’altra composizione dedicata a Monk e liberamente ispirata a ‘Round Midnight, di cui ho ripreso le prime quattro note del tema.
In a Haunted House è il brano più progressive dell’album, una sorta di mini suite con molte sezioni.
Anything to Say è un brano molto melodico in cui ho sperimentato l’unione di melodie folk, armonie jazz e alcune atmosfere provenienti dalla musica impressionista.
Egg Dance è una veloce danza in tre quarti.
Quanto è differente “raccontare una storia” attraverso un brano totalmente strumentale rispetto a composizioni che hanno testo e musica?
Personalmente, trovo più stimolante provare a suscitare delle emozioni semplicemente con le note. Ho scritto dei testi (e continuo a farlo), ma al momento sono maggiormente interessato alla suggestione della musica strumentale, da un certo punto di vista anche più potente di quella con un testo, in quanto non legata al significato delle parole.
Se ti dico Thelonious Monk cosa mi rispondi?
Monk è stato l’oggetto di studio della mia tesi del triennio di Pianoforte Jazz ed è uno dei miei pianisti preferiti, sia per l’innovazione nell’approccio esecutivo, sia per la bellezza delle sue composizioni.
Com’è suonare in un disco senza i tuoi compagni di avventura progressiva dei Mobius Strip?
Ho pensato che le composizioni di In a Haunted House avrebbero funzionato meglio in piano solo, per cui non mi sono avvalso della collaborazione dei miei colleghi per questo progetto. Ovviamente con i Möbius Strip continuiamo a suonare assieme, stiamo anche lavorando sul nostro terzo album.
Le copertine dei due dischi dei Mobius Strip erano “fumettistiche” seppur di grande spessore grafico, di tutt’altro genere quella di “In a Haunted House”, com’è nata questa scelta?
Sebbene credo che la musica di In a Haunted House sia molto varia, dato l’utilizzo del solo pianoforte è probabilmente più legata ad un senso di introspezione (seppure ci siano molti brani energici e gioiosi), mentre quella dei Möbius Strip è più potente a livello sonoro, per cui ho ritenuto opportuno utilizzare un altro tipo di copertina per questo lavoro. Fortunatamente, Franco Valente è un caro amico di famiglia ed un ottimo fotografo, per cui sapevo che avrei potuto contare su di lui.
Una giornalista sul web ti ha definito: “Un prodigio della musica. Giovane di talento e appassionato”, cosa provi nel leggere siffatte lodi?
Ovviamente sono lusingato, ce la metto tutta per provare a dare il mio piccolo contributo.
Tu oltre ad essere valente compositore e pianista sei anche un ingegnere. Tra le qualità precipue della categoria professionale c’è quella di essere un leader, come artista ti rispecchi in tale peculiarità?
Non mi considero un leader, semplicemente ci sono alcuni progetti musicali di cui faccio parte in cui, essendo io il principale compositore, so di essere il più indicato a dirigere i lavori.
Il tuo debutto solistico avrà un seguito o si tratta di un episodio a se’ stante?
Attualmente sto lavorando su diverse composizioni per il progetto da solista. Molto probabilmente il prossimo disco non sarà di nuovo in piano solo perché sto scrivendo principalmente per formazioni più estese, spero comunque di continuare ad avere la possibilità di promuovere In a Haunted House dal vivo prima del prossimo album.
martedì 21 marzo 2023
Paranoid Void
Link utili: https://paranoidvoid.bandcamp.com
Album consigliato: Literary Math (2017)
sabato 18 marzo 2023
LifeStream
giovedì 2 marzo 2023
minDance
Namastè ai minDance: Tonino "Toni" Marchitelli: voce, tastiere. Gianluca Vergalito: chitarre. Peppe Aloisi: basso, voce, synth, rumori. Massimo "Max" Cosimi: batteria.
Dopo l’eccellente lavoro d’esordio “Cosmically nothing” di cui parlammo già in questo blog (vedi: http://progressivedelnuovomillennio.blogspot.com/search?q=minDance ), il 6 gennaio 2023 per Lizard Records di Loris Furlan è uscito il vostro fulgido secondo full length “Colors” , ci potete raccontare la genesi del progetto?
In realtà la nostra genesi ha origine con l’ingresso nella band di Peppe, il bassista. E’ da allora (fine 2015) che prende vita il progetto minDance definitivo, producendo tanta musica, compresi Bluesing eTimes, che sono stati inseriti successivamente in “Colors”. Quindi più che di genesi parlerei di un progetto che ha avuto una genesi, ma che è in continua evoluzione, “Colors” ad esempio, secondo me, è un disco di passaggio, contiene infatti segnali evidenti di nuove sperimentazioni che guardano oltre lo stesso “Colors”. (Max)
In effetti, Colors, non è nato come recente progetto ma come opera che recentemente si è arricchita. Già infatti, durante le registrazioni di Cosmically Nothing, stava attecchendo e germogliando il seme di Colors. Brani come Bluesing (pt 1&2) e Times facevano già parte del nostro repertorio ma hanno ricevuto qui il loro inquadramento definitivo. Proprio il concetto di “definitivo”, di “statico” è quanto di più lontano ed antitetico al nostro modo di essere musica. Colors, non è altro che il “fermo immagine” del nostro sentir musica adesso. (Peppe)
Il progetto "Colors" non ha data d'inizio nè un brogliaccio a cui riferirsi. E', piuttosto, il proseguimento di un percorso iniziato con "Cosmically nothing" e che, nelle intenzioni, vuole andare oltre "Colors". (Toni)
Vi chiedo, facendo una guida all’ascolto, di descrivere sinteticamente ogni singola traccia delle sette che compongono l’album?
- BLUESING part 1 : è il tuo mondo, quello in cui vivi..crudo, meccanico, grigio...dove provi, cionononstante , a cercare diversi punti di vista, nuove prospettive, nuovi...colori
- COLORS :... è il cromatismo possibile, la virtuale riscoperta di un'interiorità perduta nel grigiore, il colore nei volti persi e ritrovati, i luoghi al di sopra del tempo e al di sopra di noi stessi...non dimenticarlo mentre...
- TIMES : ...le voci del mondo in cui sei nato ti rincorrono caoticamente lottando e rattoppando, contraendosi e perdendosi mentre i tuoi dèi alienano l' umanità perversa di bande...
- GANG'S LAW :... di cui non avresti voluto saperne, bande vuote di colore e piene di ossessioni che provano a corromperti, a trascinare la tua anima per mutarne le condizioni...provi a liberarti della legge della gang e sai che puoi...
- HYPNOSIS : ...anche farcela, a fronte della sua limitata strategia, mentre i detriti di luci confuse si posano sulla tua pelle e fragili illusioni vanno scomparendo. La luce ipnotica che adesso ti circonda è libera e profonda e trascina in mistici voli in cui ri-trovarti e ri-conoscerti ...
- BLUESING PART 2 : ...nelle note millenarie che si rincorrono gioiose e profonde, semplici e complesse, ad avvolgerti e proteggerti in un viaggio non più sorprendente perchè pienamente compreso...
- NAMASTE' :...è il nostro inchinarsi a te, viaggiatore...il nostro saluto a te che hai con il tuo viaggio dato un senso a tutto ciò. (Toni)
Non ho mai amato le etichette, ma mi rendo conto che sono utili nei giusti contesti. La musica di minDance ha diverse anime che vengono dalle diverse quattro formazioni musicali dei musicisti, vissute anche in quattro differenti epoche storiche. Da questa unione è venuto vuori del rock, della psichedelia, del dark, del prog metal, sfumature di jazz, elettronica, ambients, space rock. In sintesi non ho idea di come si possa etichettare il nostro genere. (Max)
Noi non ci definiamo. Semplicemente a noi piace navigare in noi stessi ed essere la scogliera su cui si infrangono le onde delle nostre vite. Il risultato fragoroso e spumeggiante di questo contatto è la nostra musica. (Peppe)
Il massimo del narcisismo sarebbe il non poter essere riferiti e riferibili ad alcun genere;vorrebbe dire essere riusciti a "inventare" altro rispetto all'esistente ; ma ciò significherebbe, anche, il non poter essere fruibili da chicchessia giacchè tanto nuovo dovrebe essere da non poter essere comprensibile. Ed allora, essendo la nostra proposta musicale un probabile mix di generi diversi,lasciamo che ognuno vi riconosca ciò che più gli è vicino. (Toni)
E’ differente “raccontare una storia” attraverso un brano totalmente strumentale rispetto a composizioni che hanno testo e musica?
Certo c’è differenza, muovere le corde emotive con un brano strumentale potrebbe apparire più difficile non avendo un contesto preciso dato da una lirica, da un contenuto concettuale, e in questi casi, a mio parere, è la chimica della band che la fa da padrona e che armonizza e predispone all’ascolto. Quando il brano prevede il testo è un’altra cosa, perché la voce diventa lo strumento principale e indirizza i musicisti diventando anch’essa a volte semplice strumento con vocalizzi. (Max)
Beh indubbiamente l’associazione di un testo alla musica aiuta a focalizzare il pensiero verso una determinata tematica. Ma ciò che ci interessa è indubbiamente cosa questo contatto susciti nell’ascoltatore. (Peppe)
L'eventuale testo ha normalmente l'intento di positivamente condizionare l'ascolto,indirizzandolo in certe direzioni piuttosto che in altre. L'assenza di testo, viceversa, non pone limiti alla fantasia dell'ascoltatore che può così tradurre in immagini "sue" la musica che fluisce. (Toni)
Nel disco si sente chiaramente una chimica d’affiatamento dell’ensemble, una possente coesione,come ci si sente a suonare assieme? Avete voglia di descrivere con uno o due aggettivi ogni singolo componente della band compresi voi stessi?
Suonare con i minDance per me è sempre stato, e continua ad esserlo, un piacere perché mi emoziona e muove corde positive dentro di me; sono certo che la potente coesione di cui parli tu sia la giusta somma creativa dei minDance. Bè, Tonino certamente genio e sregolatezza, Peppe potente rifinitore, Gianluca ottimo sperimentatore, e per me...vediamo...minimalista. (Max)
Il vero "ensemble" del gruppo sta nella volontà di ognuno di creare quel "quid" che va aldilà e aldisopra delle diversità che pure, e sostanziali, ci sono. Dalla qual cosa nasce un'idea musicale che è esattamente la risultante delle diversità. Nessuno di noi ha scelto "per affinità di genere" il compagno con cui suonare. Cosicchè (dal mio punto di vista e dal mio orientamento musicale), suonare con Peppe significa arricchirmi della sua, rispetto alla mia, modernità ritmica ed armonica...suonare con Massimo significa avere la certezza del riferimento di genere ritmico su cui poggiarsi...suonare con Gianluca è un arricchimento di per sè ed a prescindere, lui "fa crescere" nelle parti di ognuno. (Toni)
Qualche penna illustre del settore ha scritto che se i minDance invece di essere molisani fossero scandinavi o abitanti della terra d’Albione per uscite come “Colors” si griderebbe al capolavoro, come mai in Italia è così difficile emergere dalla nicchia progressiva?
Penso che in Italia, il paese che possiede il 70% del patrimonio artistico culturale del mondo, l’arte e la cultura non siano ne tutelate ne incentivate a dovere. L’epoca attuale la vedo, decadente e totalmente indirizzata all’uniformità degli individui, non lascia spazi alle nicchie di qualsiasi genere o forma artistica si tratti. Ritengo inoltre i talent show, tra i principali indiziati, ma anche tra gli addetti ai lavori nelle stesse nicchie a volte sembra di girare a vuoto. (Max)
La cultura e l'arte sono da sempre, nella storia dell'uomo, il segno dell'identità e della diversità, della curiosità e della creatività, della prospettiva e della profondità. Tutto questo è stato fino a qualche tempo fa...poi il buio dell'omologazione ha avvolto tutto. Ogni cosa è uguale ad un'altra e tutto diventa superficialità ed apparenza. Preludio ed epilogo scompaiono per lasciare il posto ad un'unica compatta ed insignicante parte centrale. Tutti vogliono tutto e subito. Così un brano che volesse invece "approfondire" non trova più spazio sommerso com'è dalla banalizzazione del tutto. (Toni)
Mindance, scritto però con questa grafia, è un applicazione di Google Play per il benessere delle persone, voi auspicate di portare “colori” nelle vite di chi ascolta la vostra musica, potete approfondire questo concetto?
La musica è qualcosa di magico e viene da molto lontano, non basterebbero mille definizioni per poterla spiegare, per poter capire perché si provano per essa emozioni così forti e fondamentali nella vita di ogni essere vivente. Essere attore protagonista della sua creazione è un piacere assoluto. La musica è gioia e dolore, è vita e ricordi e i suoi colori se ben stesi sono inconfondibili. (Max)
Indubbiamente, il concetto di benessere, dello stare in pace o del conferire colore per sostituire il grigiume che quotidianamente ci circonda, mi preme intensamente. Senza dovermi scagliare nei confronti di alcuno, mi piace dire e far sentire che qui c’è vita, non omologata e a tratti non omologabile, che ce ne è per tutti, ognuno a modo suo nel rispetto della libertà altrui. Sarebbe questa una “jihad” salvifica. (Peppe)
I colori sono il rimedio contro la monotonia del grigiore, la cui tossica persistenza invade ormai qualsiasi ambito dell'umana esistenza. Grigiore che estingue le diversità, le identità, le fantasie, le creatività, i sogni. I colori sono segno e simbolo di possibilità, di visione, di prospettiva, di curiosità, di VITA. I colori sono l'antidoto all'omologazione, al manicheismo e all'unilateralità. I colori sono gioia, crescita e miglioramento consapevoli. E nei consapevoli limiti che ci definiscono proviamo, noi minDance, a portare colori nelle vite di chi può e vuole… "Colors " è il colore che vuole rinascere ed è musica che vuole essere ascoltata più che sentita. (Toni)
Questo secondo disco è davvero di grande livello emozionale e tecnico, Massimo se fossi un agente pubblicitario che slogan useresti per promuovere la vendita dell’album?
Non so...”Colors” il respiro dei minDance viene da lontano... (Max)
Una doppia domanda personale sempre a Massimo, a chi ti ispiri come batterista e quant’è complicato (sempre se lo sia) farlo in un ensemble di musica “colta” qual’ è minDance?
Sicuramente il batterista che per primo mi ha ispirato è stato Stewart Copeland dei Police, nel 1979 muovevo i primi passi, o aprivo le prime orecchie, alla musica rock e quando nel 1985 mi sono seduto per la prima volta davanti a una batteria pensavo e provavo i suoi tempi; anche Bonzo John Bonham e Gavin Harrison, sono stati di grande ispirazione per me, ma ciò che mi piace realizzare sullo strumento è la cadenza ipnotica più che i soli di batteria, e i volumi giusti. Ti ringrazio per il musica “colta”, e si a volte è complicato, ma per aspera ad astra. (Max)
In ultimo: il futuro artistico cosa può riservare ai minDance?
Auguro ai minDance un futuro lungo e produttivo e stiamo già guardando tutti nella stessa direzione. (Max)