giovedì 27 dicembre 2018

Top Five Internazionale 2018

Molteplici le uscite discografiche 2018 nella galassia Progressiva o similare, tra gli album che ho potuto ascoltare ecco a voi i miei preferiti.

Oaksenham: Upon all the living and the dead
Ottima riconferma, dopo l'esaltante esordio del 2007 con Conquest of the pacific, per gli Oaksenham. La band armena si ripresenta con un lavoro di grande qualità rilasciato-per ora- solo in versione digitale il 20 Agosto.
In realtà l'opera doveva vedere già la luce nel 2013 essendo stato registrato e mixato nello studio "S'Harmony" ad Yerevan capitale dell'Armenia tra il febbraio e l'agosto 2012, ma per una serie di misteriose circostanze si è fatto attendere per un lustro. 
Il titolo "Upon all the living and the dead" (Su tutti i viventi e i morti) riprende una frase del celebre novella del 1914 "The Dead" (I Morti) di Jame Joyce: " His soul swooned slowly as he heard the snow falling faintly through the universe and faintly falling, like the descent of their last end, upon all the living and the dead " ( E lenta la sua anima si abbandonò mentre percepiva la neve cadere debolmente su tutto l'universo e cadere debolmente, lieve come la loro definitiva discesa, su tutti i vivi e i morti). La proposta sonora si sviluppa per dieci tracce per un ora di musica per lo più strumentale. Sono due le tracce in cui si ode-sopraffina- la voce della guest star Shushan Petrosyan, in una di queste - "Muse" -è accompagnata anche da un trio di soprano: Anahit Papayan, Sona Varpetyan, Luisa Avagyan.
Il disco è sempre basato su un rock da camera neo classico con propensione al prog sinfonico ma -di tanto in tanto- fanno capolino fraseggi più arcigni e di più semplice fruizione. Un full lenght meritevole che -speriamo- possa avere anche una tangibilità di supporto fonografico.
Line up: Vahagn Papayan: basso. Ashot Korganyan: batteria. Vardan Gasparyan: Chitarre 
Vardan Harutyunyan: tastiere. Aram Asatryan: violino.
Ospiti speciali: Shushan Petrosyan voce, Valery Tolstov flauto e Andranik Kochar: fagotto. 


Bubu: El eco del sol
Quando a Settembre sono venuto a conoscenza che era imminente l' uscita del secondo disco dei Bubu, leggendaria band argentina che aveva dato alle stampe un solo disco “Anabelas” nel 1978 per poi sciogliersi, la mia mente “progmaniaca” ha iniziato a sollazzarsi in attesa dell’album.
Il lavoro non ha assolutamente disatteso le speranze di un full lenght all’altezza dell’opera prima. Daniel Andreoli bassista/compositore, nonché deus ex machina della reunion del progetto sudamericano avvenuta nel 2016, si è contornato di baldi strumentisti, producendo così un disco di grande qualità a cui i fruitori, tediati da mediocrità musicali e poco stimolanti, si possono rivolgere senza remore. 
Cinquanta minuti di sound prog-rock sinfonico contornato da energia rock e spunti jazzistici, il tutto diviso in otto tracce.
Line up: Daniel Andreoli: basso. Federico Silva: chitarre. Julian Bachmanovsky: batteria. Alvar Llusá Damiani: violino. Juan Ignacio Varela: sassofono tenore. Emilio Tomás Ariza: flauto traverso. Virginia Maqui Tenconi: tastiere e direzione del coro.
Coro: Oscar Amaya Agostina Tudisco. Ana María Battezzati. Pablo Mancuso. Emilio Tomás Ariza. Florence Stefanelli. Abigail D'Angiolillo. Paula Liffschitz. Tina Haus
Gli ospiti: Lucas Aguirre: voce. Manuel De La Cruz Zambrano: percussioni. Pablo Murgier: tastiere e Anibal Dominguez: flauto traverso.


Alco Frisbass: Le Bateleur
Gli Alco Frisbass, progetto transalpino formatosi sull'asse Parigi- Rennes il 6 Maggio del 2013, è di fatto una collaborazione virtuale attraverso computer e web dei polistrumentisti Fabrice "Chfab" Chouette: tastiere, chitarre, voce, flauto dolce, fischietto, percussioni e Patrick "Paskinel" Dufour: piano Fender Rhodes, tastiere, programmazione di batteria, carillon. Il nome prende spunto da uno degli pseudonimi del regista/attore/illusionista francese Georges Melies (Parigi 1861-1938), in pratica l'inventore degli effetti cinematografici.
Quest'anno Paskinel & Chfab, coadiuvati da Frédéric Chaput (chitarre elettriche e acustiche, basso, tastiere, synth, percussioni), Jean-Luc Payssan (chitarra), Thierry Payssan (piano) e Eric Rebeyrol (cornetta), hanno bissato la prima uscita discografica “Alco Frisbass” risalente al 2015 con "Le Bateleur".  Entrambi i lavori sono stati rilasciati per la dinamica Label milanese AltrOck http://www.altrock.it .
Il nuovo album, cinque tracce per quasi tre quarti d’ora di musica, si sviluppa verso l’interessante proposta sonora -meramente strumentale- in cui si fondono elementi sinfonici con afflati jazz/fusion e il Canterbury sound tipico dei seventies.



Mother Turtle :Zea Mice
I Mother Turtle,  band di Salonicco, seconda città della Grecia per numero di abitanti (quasi 400.000), si è formata nel 2011 come jam band e il loro primo concerto dal vivo con il nome di Hogweed è dell' Aprile 2012. Il nome è poi è stato cambiato in Mother Turtle e il 4 ottobre 2013 è stato rilasciato il primo omonimo disco, a seguire nel 2016 Mother Turtle 2° e il 20 Febbraio di quest'anno l'interessantissimo concept Zea Mice.
In quest'ultimo disco- otto tracce per cinquanta minuti di musica- l'ensemble del compositore Konstantinidis mescola con capacità: elementi sinfonici, folk, neo e heavy prog, influenze psichedeliche e afflati crimsoniani e jazzistici. Il prodotto risulta godibilissimo e conferma come la scena ellenica riesca a produrre gruppi di valore, vedi ad esempio i fascinosi Ciccada.
Line up: Kostas Konstantinidis: chitarre, MiDi, ukulele, voce. Giorgos Theodoropoulos : tastiere, programmazione. Babis Prodromidis: sassofono. Alex Kiourntziadis: violino. George Filopelou: basso e Giorgos Mpaltas alla batteria. Nell'ultimo disco hanno collaborato al canto Elpida Papakosma, Apostolis Georgiadis alle percussioni e Aristotelis Mavropoulos voce narrante.L'artwork è di Synodinos Moschidis.
Link utili: https://motherturtleband.bandcamp.com
https://www.facebook.com/pg/MotherTurtleBand/about/?ref=page_internal





Gleb Kolyadin: Gleb Kolyadin
Il talentuoso tastierista e compositore russo Gleb Kolyadin, assieme all'affascinante  vocalist Marjana Semkina membro del duo Iamthemorning (tutto attaccato!) e pianista dell'ensemble Orquesta Primavera, ha iniziato una carriera solistica rilasciando il 23 Febbraio di quest'anno il primo omonimo disco per la label Kscope ( http://www.kscopemusic.com ).
Il musicista di San Pietroburgo,nel disco di debutto, ci offre un lavoro estremamente interessante. Tredici tracce per oltre cinquanta di musica per buona parte strumentale, in cui s'intrecciano afflati jazzy, parti progressive sinfoniche con momenti classico-minimalisti in cui il pianoforte la fa da assoluto protagonista. Una prova dall'incedere delicato, elegante,di grande perizia tecnica ma anche di anima emozionale, senza cali di tensione.
Line up del disco: Gleb Kolyadin: pianoforte a coda e tastiere. Gavin Harrison:batteria. Nick Beggs: basso.Theo Travis: flauto, sassofoni. Vlad Avy: chitarre. Evan Carson: bodhran e percussioni. Hanno collaborato -come guest star- il tastierista Jordan Rudess (Dream Theater) in un brano e i vocalist Steve Hogarth (Marillion) in due brani e Mick Moss
(Antimatter) in uno.
Link utile: https://glebkolyadin.bandcamp.com



Come da tradizione scelgo un disco internazionale che si discosta dell'universo progressivo. Quest'anno l'opzione si indirizza verso la solenne musica degli anglo-australiani Dead Can Dance la cui proposta sonora ci delizia da trentasette anni. Il loro ultimo disco in studio (di nove complessivi) “Dionysus” uscito il due Novembre per [Pias] recording è, per chi scrive, di una bellezza folgorante. Sette tracce, divise in due separate suite, per trentasei minuti di paesaggio sonoro incantevole dove la coppia Lisa Gerrard (contralto australiano) e Brendan Perry (baritono inglese) onorano la divinità greca (dio del vino e del delirio mistico) Dioniso altresì noto come Bacco.
I rimandi musicali sono molteplici con l’uso di strumentazioni folk da tutto il mondo e il duo, utilizzando la tecnica del field recording, ha potuto registrare ciò che la natura offre in maniera non artificiosa: dal cinguettio degli uccelli latinoamericani agli alveari neozelandesi.
Un lavoro evocativo e ricchissimo a livello sonoro che lascia un gusto di raffinato sapore ogni qualvolta se ne fruisce.







venerdì 21 dicembre 2018

Top five italiana 2018

La scena progressiva italiana anche nel 2018 ci offre dischi di ottima fattura ed è sempre complicato fare una scelta ristretta. Sono a proporvi,  tra quelli che ho potuto ascoltare  e in rigoroso ordine alfabetico, i miei favoriti per quest' anno solare.


Armonite: And the stars above
Il progetto dei nuovi Armonite, dopo un disco nel 1999, prende vita nel 2015 allorquando il compositore/tastierista Paolo Fosso e il violinista/violista Jacopo Bigi, assieme al bassista Colin Edwin (Porcupine Tree)  e al batterista Jasper Barendregt,  rilasciano il breve ma intenso disco "The sun is new each day". 
Il 25 Maggio c.a. per la label Cleopatra Records esce "And the stars above" un album ove il duo si attornia, oltre della consueta sezione ritmica , di altri notevoli artisti per produrre musica di grande prestanza tecnica e rilevanza emotiva. Dodici tracce, più due bonus tracks, in cui il rock progressive colto si intreccia con la musica classica, la musica etnica e la fusion. Da notare la presenza in tre brani della suadente vocalist Maria Chiara Montagnari e in uno (District red) più uno dei bonus del quartetto d'archi Indaco (Eleonora Matsuno  e Jamiang Santi / violino. Francesca Turcato / viola. Cosimo Carovani / violoncello).
Line up: Jacopo Bigi: violino acustico ed elettrico, viola, ukulele, fischietti. Paolo Fosso : piano, tastiere. Ospiti: Colin Edwin e Alberto Fiorani: basso. Giacomo Lampugnani e Gianmarco Straniero: contrabbasso. Jasper Barendregt, Corrado Bertonazzi e Emiliano Cava: batteria. Maria Chiara Montagnari: voce. Diletta Fosso: voce infantile. Marcello Rosa / e Gabriele Montanari: violoncello.
Link utile: https://armonite.bandcamp.com/album/and-the-stars-above


Daal: Decalogue of darkness
Anno prolifico il 2018 per il batterista romano Davide Guidoni e il tastierista bergamasco Alfio Costa depositari del progetto Daal. L'ottima coppia di strumentisti ha infatti rilasciato quest'anno-dopo quattro anni di silenzio discografico- ben due album estramemente diversi tra loro. Se "Navels falling into a living origami" è poco più ostico nella fruizione, "Decalogue of darkness" nei suoi dieci capitoli (senza titoli) mi ha fatto "innamorare" immediatamente delle sue solenni sonorità  sinfoniche con il mellotron in poderosa evidenza.
Un lavoro, dalla intrigante copertina medievale e alchemica, è intriso di onirismo con afflati gotici e una coloritura timbrica mai banale. 
L'elegante album, completamente strumentale, della durata di oltre settanta minuti, è impreziosito della presenza di Ettore Salati alla chitarra e Bobo Aiolfi al basso.
Del disco Alfio Costa così commenta: "...volevamo qualcosa di diverso per i Daal, siamo scesi al livello del nostro mondo. Abbiamo incontrato demoni,uomini, stregoni del nostro tempo e stati d'animo della nostra società. E' incredibile come la storia dell'uomo si ripeta,è incredibile come l'uomo compia gli stessi errori, è incredibile come la memoria si perda in una macchia d'oscurità".
Link utile:https://maracashrecords.bandcamp.com/album/decalogue-of-darkness
In ascolto la decima e ultima traccia "Chapter X".

Homunculus Res: Della stessa sostanza dei sogni
Terza prova per  i siciliani Homunculus Res,sempre alle prese con una interessante alchimia stilistica con il Canterbury sound come figura centrale. Il disco "Della stessa sostanza dei sogni" rilasciato per AltrOck Production mantiene la solita natura eccentrica e ironica sia nei testi sia nelle parti strumentali con una nutrita presenza di musicisti che arricchiscono la proposta artistica. 
L'album del compositore D'Alessandro nelle sue dodici tracce per poco più di quaranta minuti passa dalle canoniche sonorità canterburiane a ritmi jazzistici, da canzoni simil pop a fraseggi avant-prog, il tutto con eclettismo e seduzione per un prodotto variegato e ricco di sorprese per il fruitore..
Line up: Dario D'Alessandro: voce, chitarra, synth, basso, glockenspiel. Mauro Turdo :
chitarra. Davide Di Giovanni: tastiere, synth, chitarra acustica, percussioni. Daniele Crisci: basso. Daniele Di Giovanni: batteria, percussioni. Ospiti: Valerio Mirone, Alessandra Oria Bollino e Sara Zerilli: voce. Rocco Lomonaco, Luciano Margorani e Lorenzo Leddi: chitarra.Tommaso Leddi : mandolino, trombone. Paul "Ske" Botta: hammond, synthorchestra, mellotron. Petter Herbertsson: basso. David Newhouse: sassofoni (soprano, contralto, tenore e baritono), clarinetto e flauto. Giorgio Trombino: sassofono contralto, voce. Giuseppe Turdo: oboe e corni inglesi e francesi. Giovanni Rotondi: clarinetto. Dario Lo Cicero: flauto, gemshorn. Pivio: elettronica. Marco Monterosso: fischio.
In ascolto la terza traccia "Bianco supremo"


Nathan: Era
Era non è solo il sostantivo femminile che indica una scansione del tempo, non è solo la terza persona singolare dell'imperfetto del verbo essere, non è solo il personaggio mitologico greco, sovrana dell'Olimpo e matrona del matrimonio, della fedeltà coniugale e del parto, ERA è anche il titolo del nuovo album dei savonesi Nathan.
L'ensemble ligure, dopo il brillante esordio nel 2016 con Nebulosa, il 12 Aprile di quest'anno ha dato alle stampe il secondo full lenght della loro carriera iniziata anni fa come tribute band (Genesis, Pink Floyd e Supertramp) ma ormai virata, con innegabile perizia compositiva del duo Abba -Lugaro, verso brani propri.
Il disco "Era",  dall'artwork accattivante con un disegno in copertina della pittrice Federica Pigmei ( vedi http://www.federicapigmei.it ), uscito anch'esso per l'etichetta AMS è un lavoro lungo 54 minuti diviso in otto brani, tutti di durata compresa tra il 5,54 di "Maschere" e il 7,35 di "Esistono ore perfette". 
La nuova proposta discografica, seppur inseribile in un filone progressivo debitore dei seventies, è fresco e godibile, con i testi  di Bruno "vox" Lugaro (solo "Figli di cane" è stata scritta dal giornalista Roberto Baglietto) mai banali e sempre profondi seppur non siano tessere di mosaico di un concept come il precedente Nebulosa.
L'album cresce di ascolto in ascolto come una magnificenza floreale con svariate gemme sonore. La sezione ritmica Sanfilippo-Bronzu è eccellente con il Prof. Abba tastierista essenziale e preciso e Daniele "guitar" Ferro che, oltre a far scendere l'età media dell'ensemble delizia il palato dei progster con degli assolo strepitosi.
Line up: Bruno Lugaro: voce, PierGiorgio Abba: tastiere (e qualche chitarra acustica), Daniele Ferro: chitarra, Fabio Sanfilippo: batteria, Mauro Bronzu: basso e ai cori Monica Giovannini e Jannette Vagnola.
Link utili: https://www.facebook.com/Nathansavona/
http://athosenrile.blogspot.it/2018/04/e-uscito-era-dei-nathan-intervista-agli.html

In ascolto e in visione, l'ottava e ultima traccia del disco, "Esistono ore perfette"

Not a good sign: Icebound
Terzo disco per una delle creature artistiche dell'estroso tastierista-compositore milanese Paolo "Ske" Botta. "Icebound" è uscito -in autoproduzione- sia in versione limitata cd (500 copie autografate) sia in versione digitale il 5 Maggio, data  Manzoniana per eccellenza.
L'album si compone di nove tracce per quasi cinquanta minuti di sound ove complessità e arioso senso della melodia si sovrappongono con risultati eccellenti per un prelibato ascolto mai banale.
Il lavoro ha visto la dipartita dalla line up della band dell'esimio chitarrista Francesco Zago e del vocalist Alessio Calandriello-seppur quest'ultimo ancora presente nel disco- sostituiti dall'eclettico Marco Trevisan, completano l'organico Alessandro Cassani: basso, voce e Martino Malacrida : batteria, tromba. I virtuosi ospiti presenti sono David Jackson: sassofono e flauto. Fabio "Ciro" Ceriani: percussioni. Margherita Botta: toy glockenspiel e voce . Marcello Marinone: timpani e produzione. Eloisa Manera: violino
Sito ufficiale: https://www.notagoodsign.org
Link utile: https://notagoodsign.bandcamp.com/album/icebound
In ascolto l'ottava traccia del disco "Trapped In" impreziosita dalla presenza di David Jackson, storico virtuoso fiatista dei Van Der Graaf Generator. 



Il disco non propriamente prog- anche se in realtà vi sono vistosi rimandi- che desidero segnalare è il quarto album dei Monjoie (pronuncia Monjwà , ispirato a un grido di battaglia dei cavalieri franchi) ossia And in thy heart inurn me” uscito nell'Estate di quest’anno per Lizard Records.  Il titolo, la cui traduzione declama “e nel tuo cuore custodisci le mie ceneri” (sesta traccia dell’album), è il verso finale della poesia “You say you love “ di John Keats (1795-1821) uno dei più significativi letterati del Romanticismo. 
Ed è proprio la poesia inglese di fine 700-metà 800 a strutturare verbalmente l’album che di fatto diviene una sorta di concept in quanto vengono proposte quindici composizioni di poeti quali William Blake (1757-1827), William Wordsworth (1770-1850) oltre al già citato Keats. Tutto avviene con assoluto rispetto, con le liriche che vengono espresse in forma canzone mantenendo la possanza artistica dei versi originali. 
Fascinoso nel suo fluire per quasi un ora di musica, il quarto full length dell’ensemble ligure, costituitosi nel 1999, è suonato in maniera impeccabile e cantato in modo sopraffino da Alessandro Brocchi che ricorda - per larghi tratti- Brendan Perry dei Dead Can Dance. 
Afflati jazzistici che si intersecano al folk della terra d’Albione con reminiscenze progressive  “di classe” per una produzione di qualità eccelsa in ogni step compositivo ed esecutivo. 
Da sottolineare la splendida copertina melanconica-decadente a cura del fotografo di Wuppertal (Germania) Normann Thielen http://dark-romance-photographie-und-poesie.de .
Decorazioni interne  di William Morris e progetto grafico di Giovanni Occhipinti.
Hanno suonato nel disco: Daniele Marini: tastiere. Alessandro Brocchi: voce, chitarre. Valter Rosa: chitarre e bouzuki. Davide Baglietto: flauti,ocarine, musette del Berry, tastiere. Alessandro Mazzitelli: tastiere, sintetizzatori analogici,ercussioni, basso e produzione.Fabio Biale: violino. Giampiero Lo Bello: filicorno e tromba. Edmondo Romano: clarinetto basso. Lorenzo Baglietto: sax contralto. Federico Fugassa: contrabbasso. Roberto Rosa e Ivan Ghizzoni: basso. Leonardo Saracino, Davide Bonfante e Nicola Immordino: batteria.
Link utile: https://www.facebook.com/monjoieband/info:monjoie.band@gmail.com
In ascolto I cannot exist without you, lirica di John Keats e seconda traccia del disco.


Omit

Omit è una creatura di Clinton Williams, artista neozelandese dedito alla musica elettronica.
Come spiega il realizzatore di questo progetto, il concetto di questa esperienza musicale è quello di esplorare le possibilità e le capacità delle apparecchiature elettroniche “vintage” per creare profondi effetti psico-acustici sulla mente.
In effetti i suoi sei dischi realizzati tra il 1996 e il 2008 (di cui quattro nel terzo millennio, due doppi: Tracer del 2005 e Interceptor del 2008) sono debitori dei ​​lavori di diversi pionieri della underground berlinese degli anni 70 come Klaus Schulze o i Cluster.

Album consigliato: Tracer (2005)

giovedì 20 dicembre 2018

Lamp Of the Universe

Lamp Of the Universe è un progetto one/man/band del polistrumentista/vocalist Craig Williamson che ha preso forma nel 1999 a Hamilton (in maori: Kirikiriroa) che è la settima più grande città della Nuova Zelanda e si trova in un territorio quasi completamente piatto e privo di rilievi.
Attivo discograficamente dal 2001, Williamson ha rilasciato in questo periodo ben dieci album di cui l’ultimo “Hidden Knowledge” nel 2016. Il percorso artistico è  un formidabile e sorprendente mix moderno di folk "raga" psichedelico con elementi acid rock spaziali progressivi.

Album consigliato: Acid Mantra (2009)

mercoledì 19 dicembre 2018

High Dependency Unit

Gli High Dependency Unit sono un progetto neozelandese sorto nel 1994 a Dunedin (Otepoti in lingua Maori) la seconda città per estensione dell’Isola del Sud in fondo allo stretto golfo di Otago. La band prende il nome da  un'area ospedaliera, di solito situata vicino all'unità di terapia intensiva, dove i pazienti possono essere curati in modo più esteso rispetto a un reparto normale, ma non sono così gravi da essere trasportati in terapia intensiva. Dopo tre album e alcuni E.P. nel millennio scorso, l’ensemble ha rilasciato nel 2001 il disco Fire Works ( nove tracce per quarantatre minuti ), nel 2008 l’E.P. Tunguska ( tre brani per venticinque minuti) e nel 2008 Metamathics (sei tracce per quarantatre minuti)
Il loro sound offre una miscela stilistica eclettica di psichedelia, space progressivo e garage rock.
Line up: Tristan Dingemans: chitarra e voce.Neil Phillips:Chitarra e basso e Costantino Karlis:Batteria, percussioni, synth,campionamenti.


Album consigliato: Metamathics (2008).

lunedì 17 dicembre 2018

Lifestream

Un lungo diario di versatile epica progressiva che si snoda per settanta minuti e otto tracce attraverso racconti di gaiezza, sconforto, disfatte e risalite con un tappeto sonoro che intreccia con vigore parti più heavy e altre ove la melodia si erge con dolcezza, il tutto caratterizzato da un canto -in lingua inglese- possente e pacato. 
E’ questa la sinossi del disco d’esordio dei toscani Lifestream, un quartetto attivo già dal 2006 – con un E.P. alle spalle- ma che giunge a Settembre 2018 per presentare il loro primo full lenght dal titolo “Diary”, uscito per la dinamica etichetta veneta della Lizard Records del Deus ex machina Loris Furlan. 
“E mi viene da pensare”, riprendendo la citazione del brano del Banco del Mutuo Soccorso con cui il quartetto pratese conclude il disco, che non sono d’accordo con chi prosegue ad esternare che il rock progressive del terzo millennio non è vitale, credo che siffatti prodotti abbiano la linfa necessaria per esistere e affermarsi.
Il piacere della fruizione sarà soggettivo ma il sottoscritto prova positive vibrazioni ogni qual volta sul lettore cd o sul piatto “girano” queste evoluzioni artistiche.
Line up: Paolo Tempesti: batteria, percussioni e voce solista. Andrea Cornuti: basso e cori. Alberto Vuolato: chitarre. Andrea Franceschini: tastiere e cori.
Da segnalare che l’accattivante artwork dell’album è opera di Alessandro D’Aiuto e che la voce femminile che canta nella seconda traccia “Built from the inside” è di Marta Guerrini.
Link utili: https://www.facebook.com/lifestreamproject/
In ascolto e in visione la quarta traccia "Sound of the earth". Il video è stato creato dal fotografo Mattia Bicchi -https://www.mattiabicchiphotography.com- con timelapse girati in Inghilterra, Scozia, Venezuela, Bolivia e Cile.


domenica 9 dicembre 2018

Silvana Aliotta & Marcello Capra: Come posso dirti

Il vostro blogger è lieto di presentare "Come posso dirti", un brano di cui è autore del testo e che sviscera la tematica dell'alcolismo. La canzone narra la storia di una donna che, per un poderoso senso di solitudine, si inabissa nella dipendenza alcolica per poi - con grande fatica e forza di volontà- riuscire a riemergere e proiettarsi verso la vita.
Per il sottoscritto è un considerevole onore aver potuto nuovamente collaborare, dopo il brano " Aspettando Jackpot "  che focalizzava le sue "attenzioni" sull'azzardopatia 
(vedi link https://progressivedelnuovomillennio.blogspot.com/2011/11/silvana-aliotta-marcello-capra.html con due ottimi amici-musicisti dalla grande umanità e dalla perizia artistica ineccepibile come Silvana Aliotta al canto e Marcello Capra alle chitarre.
Da rilevare che l'arrangiamento è a cura di Danilo Ballo (arrangiatore e tastierista dei Pooh) che suona anche le tastiere.

COME POSSO DIRTI Musica di Marcello Capra-Silvana Aliotta. Testo di Mauro Selis Arrangiamento e tastiere del Maestro Danilo Ballo 


Nell’album felice di un tempo passato,
rincorro i miei sogni ed i tuoi a perdifiato. Ora, ora.
La mia solitudine è un solco profondo
abisso tra me e la gioia del mondo. Qui vivo.

Una bottiglia là sotto mi scola la vita,
un bicchiere là sopra scandisce le mie bugie.
Strisciando lui scorre fermandosi al centro del cuore
annega i valori,  decide ogni mia follia.

Come posso dirti che ho paura,
se io mi sento trasparente.
Come posso andare tra la gente,
se l’anima mia, si perde in un  istante, 
in un istante.

Special
Un vento impetuoso mi scuote la mente.
Delirio tremante le mani impazzite, tu fermale.
Massacro me stessa, trasformo il mio io
Che triste visione al cospetto di Dio… aiutami.

Come posso dirti che ho paura,
se io mi sento trasparente.
Devo ribellarmi a questo fondo,
la paura mi sta portando via.

2 volte
Mi chiedo dove sia quel giorno in cui
questo male di vivere più non ci sarà.
Mi chiedo dove sia quel raggio di sole
che illumina la vita -  e che pace mi  darà.

Come posso dirti che ho paura
Se io mi sento trasparente.
Io non voglio più dirti che ho paura,
non sono un’ombra di cartone
e neppure una fragile figura sul muro.
Io riprenderò la mia vita fra le mani.
La riprenderò, la riprenderò!

Devo liberare i miei pensieri
dal buio di troppe melodie.
Posso, voglio armare la mia mente
con le ali d'acciaio di un airone.

2 volte
 E tu rinascerai quel giorno in cui
questo male di vivere più non ci sarà





sabato 8 dicembre 2018

Black River Drive

I Black River Drive sono un progetto costituitosi a Auckland nel 2008. La band è attiva discograficamente dal 4 ottobre 2010 allorquando è stato rilasciato l'album di debutto “Perfect Flaws”, uscito poi in versione speciale nel Marzo 2011. Il 7 Novembre 2014 è stato immesso-anche sul mercato internazionale- il secondo disco dal titolo “Quicksand”, registrato per due mesi a Nashville, nel Tennessee, con il produttore statunitense hard rock e metal Toby Wright (Alice in Chains, Metallica, Slayer, Sevendust e Ozzy Osbourne). Il disco è stato finanziato attraverso una campagna di crowd founding da $ 20.000 e ha ricevuto -persino- finanziamenti governativi.
Il sound dei neozelandesi è arcigno con momenti più melodici, ha poco a vedere con il rock progressive classico ma è una proposta significativa e meritevole di essere citata in questo blog.
Line up: Sam Browne (voce e chitarra), Rusty McNaughton (basso), Matt Stone (tastiere, synths), Karl Woodhams (batteria) e Davie Wong (chitarra)
Album consigliato: Quicksand (2014)

giovedì 6 dicembre 2018

Dragon

I neozelandesi Dragon, omonimi di una band belga di heavy prog degli anni settanta, sono un ensemble con una lunga storia che prende vita nel lontano Gennaio 1972 ad Auckland grazie al chitarrista Ray Goodwin, al batterista Neil Reynolds, al cantante / pianista Graeme Collins e al bassista Todd Hunter. Dopo dieci album nello scorso secolo, un trasferimento in Australia (Sydney), nonché varie vicissitudini con detenzioni in carcere, morti per droga e sostanziosi cambi di line up, i Dragon si sono ripresentati nel terzo millennio con cinque album: Sunshine to rain (2006), Remembers (2009), Happy I am (2009), It’s all too beautiful (2011) e Roses (2014).
Il tappeto sonoro si è modificato nel tempo, se nei seventies aveva afflati inclini al rock-prog ora è più orientato al pop, alla musica commerciale, rimangono però un gruppo imprescindibile per raccontare la storia della musica di fine ‘900 in Nuova Zelanda.
L’attuale line up prevede il membro originario Todd Hunter al basso elettrico e voce,Mark Williams (voce, chitarra), Bruce Reid (chitarra) e Pete Drummond 
( batteria, voce, tastiere).
Sito ufficiale: http://www.dragononline.com.au
In ascolto una cover degli Animals ossia When i was young, singolo del 1967.

Album consigliato: It’s all too beautiful (2011)