giovedì 27 dicembre 2018

Top Five Internazionale 2018

Molteplici le uscite discografiche 2018 nella galassia Progressiva o similare, tra gli album che ho potuto ascoltare ecco a voi i miei preferiti.

Oaksenham: Upon all the living and the dead
Ottima riconferma, dopo l'esaltante esordio del 2007 con Conquest of the pacific, per gli Oaksenham. La band armena si ripresenta con un lavoro di grande qualità rilasciato-per ora- solo in versione digitale il 20 Agosto.
In realtà l'opera doveva vedere già la luce nel 2013 essendo stato registrato e mixato nello studio "S'Harmony" ad Yerevan capitale dell'Armenia tra il febbraio e l'agosto 2012, ma per una serie di misteriose circostanze si è fatto attendere per un lustro. 
Il titolo "Upon all the living and the dead" (Su tutti i viventi e i morti) riprende una frase del celebre novella del 1914 "The Dead" (I Morti) di Jame Joyce: " His soul swooned slowly as he heard the snow falling faintly through the universe and faintly falling, like the descent of their last end, upon all the living and the dead " ( E lenta la sua anima si abbandonò mentre percepiva la neve cadere debolmente su tutto l'universo e cadere debolmente, lieve come la loro definitiva discesa, su tutti i vivi e i morti). La proposta sonora si sviluppa per dieci tracce per un ora di musica per lo più strumentale. Sono due le tracce in cui si ode-sopraffina- la voce della guest star Shushan Petrosyan, in una di queste - "Muse" -è accompagnata anche da un trio di soprano: Anahit Papayan, Sona Varpetyan, Luisa Avagyan.
Il disco è sempre basato su un rock da camera neo classico con propensione al prog sinfonico ma -di tanto in tanto- fanno capolino fraseggi più arcigni e di più semplice fruizione. Un full lenght meritevole che -speriamo- possa avere anche una tangibilità di supporto fonografico.
Line up: Vahagn Papayan: basso. Ashot Korganyan: batteria. Vardan Gasparyan: Chitarre 
Vardan Harutyunyan: tastiere. Aram Asatryan: violino.
Ospiti speciali: Shushan Petrosyan voce, Valery Tolstov flauto e Andranik Kochar: fagotto. 


Bubu: El eco del sol
Quando a Settembre sono venuto a conoscenza che era imminente l' uscita del secondo disco dei Bubu, leggendaria band argentina che aveva dato alle stampe un solo disco “Anabelas” nel 1978 per poi sciogliersi, la mia mente “progmaniaca” ha iniziato a sollazzarsi in attesa dell’album.
Il lavoro non ha assolutamente disatteso le speranze di un full lenght all’altezza dell’opera prima. Daniel Andreoli bassista/compositore, nonché deus ex machina della reunion del progetto sudamericano avvenuta nel 2016, si è contornato di baldi strumentisti, producendo così un disco di grande qualità a cui i fruitori, tediati da mediocrità musicali e poco stimolanti, si possono rivolgere senza remore. 
Cinquanta minuti di sound prog-rock sinfonico contornato da energia rock e spunti jazzistici, il tutto diviso in otto tracce.
Line up: Daniel Andreoli: basso. Federico Silva: chitarre. Julian Bachmanovsky: batteria. Alvar Llusá Damiani: violino. Juan Ignacio Varela: sassofono tenore. Emilio Tomás Ariza: flauto traverso. Virginia Maqui Tenconi: tastiere e direzione del coro.
Coro: Oscar Amaya Agostina Tudisco. Ana María Battezzati. Pablo Mancuso. Emilio Tomás Ariza. Florence Stefanelli. Abigail D'Angiolillo. Paula Liffschitz. Tina Haus
Gli ospiti: Lucas Aguirre: voce. Manuel De La Cruz Zambrano: percussioni. Pablo Murgier: tastiere e Anibal Dominguez: flauto traverso.


Alco Frisbass: Le Bateleur
Gli Alco Frisbass, progetto transalpino formatosi sull'asse Parigi- Rennes il 6 Maggio del 2013, è di fatto una collaborazione virtuale attraverso computer e web dei polistrumentisti Fabrice "Chfab" Chouette: tastiere, chitarre, voce, flauto dolce, fischietto, percussioni e Patrick "Paskinel" Dufour: piano Fender Rhodes, tastiere, programmazione di batteria, carillon. Il nome prende spunto da uno degli pseudonimi del regista/attore/illusionista francese Georges Melies (Parigi 1861-1938), in pratica l'inventore degli effetti cinematografici.
Quest'anno Paskinel & Chfab, coadiuvati da Frédéric Chaput (chitarre elettriche e acustiche, basso, tastiere, synth, percussioni), Jean-Luc Payssan (chitarra), Thierry Payssan (piano) e Eric Rebeyrol (cornetta), hanno bissato la prima uscita discografica “Alco Frisbass” risalente al 2015 con "Le Bateleur".  Entrambi i lavori sono stati rilasciati per la dinamica Label milanese AltrOck http://www.altrock.it .
Il nuovo album, cinque tracce per quasi tre quarti d’ora di musica, si sviluppa verso l’interessante proposta sonora -meramente strumentale- in cui si fondono elementi sinfonici con afflati jazz/fusion e il Canterbury sound tipico dei seventies.



Mother Turtle :Zea Mice
I Mother Turtle,  band di Salonicco, seconda città della Grecia per numero di abitanti (quasi 400.000), si è formata nel 2011 come jam band e il loro primo concerto dal vivo con il nome di Hogweed è dell' Aprile 2012. Il nome è poi è stato cambiato in Mother Turtle e il 4 ottobre 2013 è stato rilasciato il primo omonimo disco, a seguire nel 2016 Mother Turtle 2° e il 20 Febbraio di quest'anno l'interessantissimo concept Zea Mice.
In quest'ultimo disco- otto tracce per cinquanta minuti di musica- l'ensemble del compositore Konstantinidis mescola con capacità: elementi sinfonici, folk, neo e heavy prog, influenze psichedeliche e afflati crimsoniani e jazzistici. Il prodotto risulta godibilissimo e conferma come la scena ellenica riesca a produrre gruppi di valore, vedi ad esempio i fascinosi Ciccada.
Line up: Kostas Konstantinidis: chitarre, MiDi, ukulele, voce. Giorgos Theodoropoulos : tastiere, programmazione. Babis Prodromidis: sassofono. Alex Kiourntziadis: violino. George Filopelou: basso e Giorgos Mpaltas alla batteria. Nell'ultimo disco hanno collaborato al canto Elpida Papakosma, Apostolis Georgiadis alle percussioni e Aristotelis Mavropoulos voce narrante.L'artwork è di Synodinos Moschidis.
Link utili: https://motherturtleband.bandcamp.com
https://www.facebook.com/pg/MotherTurtleBand/about/?ref=page_internal





Gleb Kolyadin: Gleb Kolyadin
Il talentuoso tastierista e compositore russo Gleb Kolyadin, assieme all'affascinante  vocalist Marjana Semkina membro del duo Iamthemorning (tutto attaccato!) e pianista dell'ensemble Orquesta Primavera, ha iniziato una carriera solistica rilasciando il 23 Febbraio di quest'anno il primo omonimo disco per la label Kscope ( http://www.kscopemusic.com ).
Il musicista di San Pietroburgo,nel disco di debutto, ci offre un lavoro estremamente interessante. Tredici tracce per oltre cinquanta di musica per buona parte strumentale, in cui s'intrecciano afflati jazzy, parti progressive sinfoniche con momenti classico-minimalisti in cui il pianoforte la fa da assoluto protagonista. Una prova dall'incedere delicato, elegante,di grande perizia tecnica ma anche di anima emozionale, senza cali di tensione.
Line up del disco: Gleb Kolyadin: pianoforte a coda e tastiere. Gavin Harrison:batteria. Nick Beggs: basso.Theo Travis: flauto, sassofoni. Vlad Avy: chitarre. Evan Carson: bodhran e percussioni. Hanno collaborato -come guest star- il tastierista Jordan Rudess (Dream Theater) in un brano e i vocalist Steve Hogarth (Marillion) in due brani e Mick Moss
(Antimatter) in uno.
Link utile: https://glebkolyadin.bandcamp.com



Come da tradizione scelgo un disco internazionale che si discosta dell'universo progressivo. Quest'anno l'opzione si indirizza verso la solenne musica degli anglo-australiani Dead Can Dance la cui proposta sonora ci delizia da trentasette anni. Il loro ultimo disco in studio (di nove complessivi) “Dionysus” uscito il due Novembre per [Pias] recording è, per chi scrive, di una bellezza folgorante. Sette tracce, divise in due separate suite, per trentasei minuti di paesaggio sonoro incantevole dove la coppia Lisa Gerrard (contralto australiano) e Brendan Perry (baritono inglese) onorano la divinità greca (dio del vino e del delirio mistico) Dioniso altresì noto come Bacco.
I rimandi musicali sono molteplici con l’uso di strumentazioni folk da tutto il mondo e il duo, utilizzando la tecnica del field recording, ha potuto registrare ciò che la natura offre in maniera non artificiosa: dal cinguettio degli uccelli latinoamericani agli alveari neozelandesi.
Un lavoro evocativo e ricchissimo a livello sonoro che lascia un gusto di raffinato sapore ogni qualvolta se ne fruisce.







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