mercoledì 29 marzo 2023

La Maschera di Cera: 20 years + 1



Ci sono avvenimenti musicali che sono molto attesi dai melomani progressivi, come ad esempio un concerto de “La maschera di cera “, ensemble che ha caratterizzato il nuovo millennio progitaliano con opere di grande valore. L’occasione di rivederli all’opera dopo oltre due lustri di assenza è avvenuta a Genova presso la Claque il 24 marzo 2023, seconda data -prima italiana- di un tour mondiale che sancisce e celebra i 20 anni più 1 della band con una scaletta antologica che spazia totalmente tra i sei album in studio. 
La formazione prevedeva il “trio delle meraviglie COZUMA”, i formidabili membri fondatori Alessandro Corvaglia: voce e chitarra acustica, Fabio Zuffanti: basso e Agostino Macor: tastiere, coadiuvati dall’inossidabile Martin Grice al flauto e sax che un dolore persistente al piede non gli ha impedito -more solito- di essere strepitoso e la new entry Andrea Orlando (La Coscienza di Zeno, Finisterre etc..) alla batteria il cui “drummerismo” è apparso sempre convincente ed efficace.
Le due ore del concerto sono state di una intensità vibrante e il pubblico presente, un pò d’âgé invero, ha gradito con applausi possenti.
Miriade di emozioni positive, una pletora di sensazioni che ha fatto breccia a livello cognitivo e viscerale, della serie “ anvedi sta Maschera come ci da!!! “
Già con l’intro registrata de Il canto dell’inverno da Il grande labirinto del 2003 si entra in climax e con la comparsa dei componenti della band sul palco si riaprono le porte non del domani ma del qui e ora, godersi il live è la missione precipua della serata.
La doppietta iniziale da LuxAde del 2006 con Doppia Immagine e Orpheus lascia prelibatezza nel palato di chi saliva per questo tipo di sound come il riflesso condizionato dei cani di Pavlov udendo la campanella.
Segue Fino all’aurora da Petali di fuoco del 2009, brano che chi scrive ha nel cuore anche perché all’epoca dell’uscita il figlio di allora 9 anni l’aveva selezionata per la sua playlist dell’epoca, incredibile dictu!


Nel rock progressivo si sa che i pezzi devono essere lunghi e se poi sono sui venti minuti di durata meglio ancora e allora ci pensa La maschera di cera con il brano omonimo tratto dal disco d’esordio 2002 con i suoi sei movimenti (Il tuo volto, la tua gente, il tuo rifugio, la tua irrealtà, la tua guida, la mia fine) a saturare la voglia di full length delle tracce anche in un concerto dal vivo. 
E' il tempo de Nuova luce da LuxAde che fa da preambolo ad uno dei momenti determinanti e più attesi dello spettacolo ossia la trilogia (La guerra dei 1000 anni, Ritratto di lui e l’enorme abisso) tratta da “Le porte del domani” disco fondamentale del 2013 che riprende le vicende dei pianeti Felona e Sorona del mitico album delle Orme di cinquanta anni fa, terminando la storia con una luce di speranza che crea una fiammella di fiducia in questi tempi oscuri.
Gli ultimi due brani, Il cerchio del comando e Vacuo senso, prima dei bis sono estrapolati da S.E.I., il sesto album della band del 2020 il cui acronimo ha un significato ben preciso: Separazione/Egolatria/Inganno.


Dopo un brevissimo intermezzo di acclamazione per farli tornare sul palco, il quintetto si ripresenta con la bonus track dell’album Il Grande labirinto del 2003 ossia La Consunzione, brano ispirato che lascia spazio ad un finale sublime con l’ intensa ballad de La notte trasparente tratta da Petali di fuoco, interpretata e non solo cantata magistralmente da Corvaglia, degna conclusione di un avvenimento davvero gratificante.
In ascolto il primo movimento "Il tuo volto" de la suite La maschera di cera


Epilogo con una storiella minima con i titoli dei brani della scaletta del concerto genovese in maiuscolo.
ORPHEUS, dopo aver intonato IL CANTO DELL’INVERNO per tutta LA NOTTE TRASPARENTE FINO ALL’AURORA, con la NUOVA LUCE del giorno scoprì nel RITRATTO DI LUI una DOPPIA IMMAGINE positiva di se stesso. Una proiezione metafisica ben lontana da quelLA CONSUNZIONE che aveva creato un VACUO SENSO durante L’ENORME ABISSO della GUERRA DEI 1000 ANNI. ORPHEUS segnando con vigore IL CERCHIO DEL COMANDO sul suo cammino, indossò LA MASCHERA DI CERA trovando finalmente l’armonia.

A seguire l'intervista al trio COZUMA prima del live genovese.


lunedì 27 marzo 2023

Diego Banchero



In occasione del debutto del Diego Bachero Trio previsto per il prossimo 15 aprile all'Angelo Azzurro Club di Genova (vedi locandina), abbiamo avuto la sorte e l'onore di intervistare un importante artista della scena musicale genovese e non solo,  una persona splendida e disponibile come Diego Banchero che ha risposto con entusiasmo alle nostre domande.


Diego, nella breve descrizione della tua official web page https://diegobanchero.it.gg
,  ti autodefinisci bassista, compositore, arrangiatore, insegnante di musica, sound engineer….ma se ti dovessi presentare a chi non ti conosce in poche righe cosa diresti di te?

Grazie per la domanda Mauro, solitamente non mi è facile fare una presentazione troppo contenuta perché faccio (e ho fatto) davvero tante cose nel corso della mia vita. Non vado totalmente fiero di questa mia caratteristica perché non è del tutto positiva ed è frutto di una certa incapacità di trovare pace e soddisfazione.

Nel nostro caso si parla principalmente di musica e posso saltare tutta una serie di passaggi e dire di essere un musicista che cerca di mettersi alla prova in più esperienze. Alcune delle attività passate che hai menzionato non le pratico più da tempo per via dei troppi impegni. Tra queste ci sono, ad esempio, quella di insegnante e quella di sound engineer.

Sono, invece, ancora molto attivo in più progetti come compositore e bassista (anche come turnista in contesti più commerciali).


Come mai sei diventato un musicista? quando è scattata la scintilla per accostarti ad Euterpe, la dea della musica?

 

Ho sentito la “vocazione” per la prima volta intorno ai 10 anni e ho convinto i miei genitori a mandarmi a lezione di chitarra. Purtroppo non avevo attorno un contesto troppo interessato alla musica (se si esclude qualche amico e un cugino che aveva fatto del professionismo tra gli anni ’60 e gli anni ’70 come bassista), quindi mi sono demotivato piuttosto velocemente e ho lasciato perdere.

Solo intorno alla fine delle scuole superiori mi sono appassionato al metal. In quel periodo è nato un amore talmente forte per band come Iron Maiden, Black Sabbath e Judas Priest da farmi comprendere che la mia vita doveva essere spesa con uno strumento tra le mani. Ho preso in prestito il basso di mio cugino e sono partito a “spron battuto”. Da quel momento non mi sono più fermato e ho cercato di imparare tutto quello che poteva arricchirmi come strumentista; a tale scopo ho approfondito molti generi differenti di musica.


Il 15 aprile avverrà all’Angelo Azzurro di Genova l’esordio del Diego Banchero Trio, ci puoi sintetizzare la genesi di questo stimolante nuovo progetto?





Dai tempi successivi agli studi alla Scuola Jazz Quarto (Genova), non ho più avuto un progetto a mio nome, ma mi sono sempre dedicato a mettere tutte le mie energie al servizio di progetti che non mi vedevano in primo piano (pur essendone quasi sempre il compositore principale e il direttore esecutivo).

Da tempo avevo voglia di concedermi qualche esperienza come solista. Questo non sarà l’unico progetto che intendo portare avanti in tal senso, ma è un punto di partenza.

Con Fernando e Roberto abbiamo deciso di riarrangiare in chiave strumentale alcuni brani dei nostri progetti attuali e passati (e abbiamo anche aggiunto alcuni inediti). Siamo partiti e abbiamo trovato un nostro approccio con poche prove. Siamo molto contenti e ci stiamo divertendo tantissimo.

Ne è uscita una sorta di jazz-rock-prog-fusion caratterizzata dal nostro stile e dalle nostre sonorità “noir” (uso questo aggettivo per sintetizzare).

Ovviamente il basso avrà un ruolo di maggior rilievo rispetto al solito.

 

Seppure i tuoi due compagni d’avventura, Roberto Lucanato alle chitarre Fernando Cherchi alla batteria,siano amici /collaboratori da vari anni, com’è suonare senza farlo sotto il moniker de “ Il segno del Comando” ?

 

Noi tre siamo molto affiatati. Abbiamo condiviso tante altre avventure precedenti a Il Segno del Comando (tra cui un’esperienza come turnisti in un tour del Regno Unito con i Blooding Mask). Abbiamo suonato assieme in diversi paesi esteri e registrato molti dischi. Qualsiasi cosa si faccia ci si intende a meraviglia.

 

Di fatto cosa accadrà a voi tre quella sera su quel palco, ci puoi "spoilerare" qualcosa sulla scaletta?

 

Eseguiremo delle versioni strumentali di brani de Il Segno del Comando, Egida Aurea, Ballo delle Castagne, qualche pezzo inedito e una cover. Le atmosfere spaziano tra l’horror-soundtrack, il poliziottesco, il jazz-rock e qualche richiamo al nostro periodo folk.

Tutto questo materiale (che, tranne la cover, ho composto negli anni) sarà riarrangiato completamente per essere eseguito dalla formazione ristretta a tre elementi. Ci sarà molta improvvisazione nelle parti solistiche.

 

Quanto è differente “raccontare una storia” attraverso un brano totalmente strumentale rispetto a composizioni che hanno testo e musica?


Io ho sempre avuto un approccio compositivo “da colonna sonora”. Amo molto anche scrivere i testi, ma non disdegno la musica strumentale. Si lavora sul non verbale, ma la mole di contenuti emotivi che si possono trasmettere non è necessariamente inferiore rispetto a quelle situazioni in cui la musica prevede una parte lirica. Avendo, in passato, suonato molto jazz tradizionale (in cui l’intervento dei cantanti era abbastanza raro) mi sembra di tornare un po’ alle origini.

 

Se ti dico Fabio Pignatelli tu cosa mi rispondi?

 

Fabio Pignatelli è di sicuro un bassista che mi ha influenzato molto. Sono sempre stato un fan dei Goblin (ispirazione fondamentale per Il Segno del Comando).

Ho sviluppato uno stile piuttosto diverso da quello di Fabio dal punto di vista tecnico, ma ciò non toglie che, analizzare il suo lavoro, sia stato per me molto importante dal punto di vista formativo.

 

 E se ora ti dicessi Jazz cosa inizierebbe a pensare la tua sensibilità musicale?

 

Io non ho fatto studi classici. All’epoca il corso di basso elettrico non era neanche presente nei conservatori.

Quando ho sentito il bisogno di approfondire i miei studi mi sono iscritto alla già menzionata Scuola Jazz Quarto di Genova. Ho avuto maestri che erano musicisti di fama internazionale, ho fatto molti seminari con nomi importantissimi della scena mondiale e ho amato ed amo tantissimo questo genere di musica. Lo ascolto sempre con piacere!

Purtroppo non ho più tempo per mantenermi sufficientemente preparato per suonarla. Ho troppi impegni per farlo.




 

Nella tua carriera musicale ci sono molteplici esperienze musicali e collaborazioni, quali sono quelle che ti hanno dato più soddisfazione?

 

Le esperienze più importanti e complete sono state senza dubbio quella con Il Segno del Comando e quella con Egida Aurea.

 

Comprendo che sia sempre difficile fare scelte di merito ma ti chiedo quali sono i tuoi top 3 dischi tra quelli a cui hai collaborato come compositore/strumentista?

 

I tre album che della mia discografia che preferisco sono: “L’Incanto dello Zero” (Il Segno del Comando), “La mia Piccola Guerra” (Egida Aurea) e “Surpassing all Other King” (Ballo delle Castagne). Ovviamente amo anche gli altri lavori, ma sono particolarmente legato a questi tre.

 

Tra quelli della storia della musica, quali dischi, uno italiano e uno straniero, ti porteresti sull’ isola deserta e come mai?

 

La scelta è difficilissima, però provo a menzionare due album. Il primo è “Anime Salve” di De Andrè. Ho amato Fabrizio fin da bambino e sull’isola, questo suo disco, manterrebbe vivo in me il ricordo della mia Genova. Il secondo è “Live One Summer Night” di Paco De Lucia (perché ci sono atmosfere che amo e perché mi soddisfa molto anche dal punto di vista bassistico).



Tu, come professione, da tempo lavori come operatore sociale con persone che sono in difficoltà, qual è lo stato d’animo di Diego nell’accostare cotanta fragilità e umanità e quali “doni spirituali” ti offrono i pazienti.


Io lavoro come educatore professionale da 32 anni. Nell’ambiente in cui opero la sofferenza è molta, ma le soddisfazioni (per chi affronta questo impegno con lo scopo di far stare meglio chi è più fragile) sono tante.

Mi sono sempre occupato volontariamente di casi particolarmente problematici, come ad esempio le persone che soffrono di autismo “a basso funzionamento”.

In passato si è presentata la possibilità di fare il musicista a tempo pieno, ma ho preferito continuare con questa professione riabilitativa.

Personalmente, negli anni, sono andato in contro a molto dolore, ma questo mi ha permesso anche di fare un lavoro profondo sulla mia emotività (e questo è sicuramente uno dei maggiori doni potessi ottenere).

Per essere un buon educatore non bisogna solo saper ‘fare’, ma bisogna ‘essere’. Io ho fatto mia questa filosofia e cerco di migliorarmi giorno per giorno. Così farò fino alla fine del tempo che mi sarà concesso in questa dimensione.

Ogni volta che si favorisce la crescita di qualcuno si contribuisce inevitabilmente anche alla propria.

A mio modesto parere, l’unico stato d’animo con cui ci si può accostare alla fragilità è quello di chi prova e trasmette amore.

L’interesse per la spiritualità e per l’esoterismo si sono integrati sempre perfettamente con la mia formazione scientifica che è partita in ambito psicodinamico, ma che, col tempo, si è estesa in una direzione multidisciplinare.

 

In ultimo: la tua dimensione in trio avrà un seguito o si tratta di un episodio a se’ stante?


Io spero vivamente che quest’avventura prosegua negli anni a venire. L’intenzione c’è tutta! Ho sempre amato questo tipo di formazione perché lascia molto spazio ai musicisti e li mette alla prova in una sfida impegnativa.



Ringraziando Diego Banchero, in ascolto da uno dei lavori preferiti dall'autore ossia  “L’Incanto dello Zero” (Black Widow Records) de Il Segno del Comando, la settima traccia "Nel labirinto spirituale"



venerdì 24 marzo 2023

Periphery

I Periphery sono un gruppo formatosi nel 2005 a Bethesda cittadina del sud della Contea di Montgomery nello stato di Maryland a nord-ovest di Washington, il tutto grazie al chitarrista Misha "Bulb" Mansoor . Dopo alcuni tour di supporto ad altri gruppi (DevilDriver, Emmure, Veil of Maya, Animals as Leaders, God Forbid, The Dillinger Escape Plan e Fear Factory etc..) nel 2010, dopo alcuni cambi di line up soprattutto tra i vocalist,  il combo statunitense è riuscito ad autoprodurre l'omonimo album d'esordio che ha ottenuto un buon riconoscimento di critica e pubblico. In questi anni, l'ensemble sempre capitanato da Mansoor ha rilasciato alcuni E.P. e altri sei full length (Periphery II: This Time It's Personal nel 2012, Juggernaut: Alpha e Juggernaut: Omega nel 2015, Periphery III: Select Difficulty nel 2016,Periphery IV: Hail Stan nel 2019 e Periphery V: Djent Is Not a Genre il 10 marzo 2023).
Il loro genere è un metalcore combinato con prog metal  di ottima qualità con fraseggi chitarristici degni di nota.
Line up 2023: Spencer Sotelo: voce. Misha Mansoor, Mark Holcomb e Jake Bowen: chitarre. Matt Halpern: batteria. Ospiti:  Adam "Nolly" Getgood: basso e Jørgen Munkeby: sassofono. 
Sito ufficiale: https://periphery.net
In ascolto Dracul grass, l'ottava traccia dell'ultimo disco 


Album consigliato: 
Periphery V: Djent Is Not a Genre (2013)


mercoledì 22 marzo 2023

Lorenzo Cellupica

Lorenzo Cellupica, pianista-tastierista-compositore dei Mobius Strip di cui già parlammo per l'uscita dei loro dischi: 


Per approfondire l'essenza del nuovo disco abbiamo posto alcune domande al musicista laziale, ecco l'intervista.

Lorenzo, è interessante comprendere la storia di questo progetto, per te che sei musicista laureato al conservatorio, raccontaci com’è nata l’esigenza di comporre e registrare un album di solo pianoforte?

Ho sempre desiderato di registrare un album in piano solo, sia perché consente molta libertà a livello esecutivo dal momento che non ci sono altri musicisti con cui interagire, sia perché rappresenta una sfida, a livello sia tecnico che espressivo, molto impegnativa.

Dieci brani per oltre cinquanta minuti di musica, nove inediti più uno splendido omaggio ai Beatles con We can work it out (un loro singolo del 1965 coverizzato anche dai Deep Purple in The book of Taliesyn nel 68), ci descrivi sinteticamente, traccia per traccia, la genesi di ogni composizione?

Incipit è semplicemente una breve introduzione nata da un’improvvisazione.

A Piece of Cake è una sorta di brano folk molto vivace, anche se in alcuni punti compaiono delle armonie più moderne.

Spider è un misto di jazz modale e tonale, con una sezione centrale che riprende probabilmente alcuni elementi più legati al progressive rock o comunque ad un jazz moderno.

Hide and Seek è un pezzo più delicato, in cui ho tentato di unire delle melodie molto cantabili e pop ad una struttura più elaborata.

We Can Work it Out è il mio omaggio ad uno dei miei brani preferiti dei Beatles, che ho riarrangiato in maniera più jazz/soul.

Eleventh Avenue è ispirato alla musica di Thelonious Monk, in cui ho ripreso per l’appunto l’utilizzo degli accordi di undicesima diesis molto utilizzati dal pianista.

Round Midday è un’altra composizione dedicata a Monk e liberamente ispirata a ‘Round Midnight, di cui ho ripreso le prime quattro note del tema.

In a Haunted House è il brano più progressive dell’album, una sorta di mini suite con molte sezioni.

Anything to Say è un brano molto melodico in cui ho sperimentato l’unione di melodie folk, armonie jazz e alcune atmosfere provenienti dalla musica impressionista.

Egg Dance è una veloce danza in tre quarti.

Quanto è differente “raccontare una storia” attraverso un brano totalmente strumentale rispetto a composizioni che hanno testo e musica?

Personalmente, trovo più stimolante provare a suscitare delle emozioni semplicemente con le note. Ho scritto dei testi (e continuo a farlo), ma al momento sono maggiormente interessato alla suggestione della musica strumentale, da un certo punto di vista anche più potente di quella con un testo, in quanto non legata al significato delle parole.




Se ti dico Thelonious Monk cosa mi rispondi?

Monk è stato l’oggetto di studio della mia tesi del triennio di Pianoforte Jazz ed è uno dei miei pianisti preferiti, sia per l’innovazione nell’approccio esecutivo, sia per la bellezza delle sue composizioni.

Com’è suonare in un disco senza i tuoi compagni di avventura progressiva dei Mobius Strip?

Ho pensato che le composizioni di In a Haunted House avrebbero funzionato meglio in piano solo, per cui non mi sono avvalso della collaborazione dei miei colleghi per questo progetto. Ovviamente con i Möbius Strip continuiamo a suonare assieme, stiamo anche lavorando sul nostro terzo album.

Le copertine dei due dischi dei Mobius Strip erano “fumettistiche” seppur di grande spessore grafico, di tutt’altro genere quella di “In a Haunted House”, com’è nata questa scelta?

Sebbene credo che la musica di In a Haunted House sia molto varia, dato l’utilizzo del solo pianoforte è probabilmente più legata ad un senso di introspezione (seppure ci siano molti brani energici e gioiosi), mentre quella dei Möbius Strip è più potente a livello sonoro, per cui ho ritenuto opportuno utilizzare un altro tipo di copertina per questo lavoro. Fortunatamente, Franco Valente è un caro amico di famiglia ed un ottimo fotografo, per cui sapevo che avrei potuto contare su di lui.

Una giornalista sul web ti ha definito: “Un prodigio della musica. Giovane di talento e appassionato”, cosa provi nel leggere siffatte lodi?

Ovviamente sono lusingato, ce la metto tutta per provare a dare il mio piccolo contributo.

Tu oltre ad essere valente compositore e pianista sei anche un ingegnere. Tra le qualità precipue della categoria professionale c’è quella di essere un leader, come artista ti rispecchi in tale peculiarità?

Non mi considero un leader, semplicemente ci sono alcuni progetti musicali di cui faccio parte in cui, essendo io il principale compositore, so di essere il più indicato a dirigere i lavori.

Il tuo debutto solistico avrà un seguito o si tratta di un episodio a se’ stante?

Attualmente sto lavorando su diverse composizioni per il progetto da solista. Molto probabilmente il prossimo disco non sarà di nuovo in piano solo perché sto scrivendo principalmente per formazioni più estese, spero comunque di continuare ad avere la possibilità di promuovere In a Haunted House dal vivo prima del prossimo album.


Link utili: https://lorenzocellupica.bandcamp.com/album/in-a-haunted-house?fbclid=IwAR2enh6iVMfC4JnL-8JV9cZU9G7H062voXtrgjLmeNhAx8eIScp4GHY5Tww
https://www.facebook.com/LorenzoCellupicaMusician/

In ascolto la seconda traccia A Piece of Cake




martedì 21 marzo 2023

Paranoid Void

I Paranoid Void, un trio femminile, si è costituito ad Osaka nel 2013. Il combo giapponese è formato da Meguri alle chitarre e alla voce, Yu-Ki al basso e Mipow alla batteria. Nel 2015 hanno  pubblicato il singolo "Exit From the Void". L'anno successivo  l'EP "Pop Music" con l'etichetta Apple of my Eye. Nel 2017, sempre per la medesima label, è stato rilasciato il loro full-length di debutto "Literary Math". Il 26 agosto 202 è stato pubblicato il secondo disco "Travels in my universe". All'inizio il loro stile era più orientato verso un  post-punk aggressivo, successivamente il tappeto sonoro si è plasmato di math rock dalle tinte progressive con sfumature jazzy.
In ascolto l'intero primo album

Album consigliato: Literary Math (2017)




sabato 18 marzo 2023

LifeStream

I toscani LifeStream di cui già parlammo in occasione del disco d'esordio "Diary" del 2018  http://progressivedelnuovomillennio.blogspot.com/search?q=lifestream sono una band formatasi nel 2006 a Prato. Dopo oltre quattro di silenzio discografico all'inizio del 2023 è uscito il secondo album "Alter Echo"  sempre per l'etichetta Lizard Records del vulcanico e progpassionale Loris Furlan http://www.lizardrecords.it/lifestream-alter-echo/
Il nuovo lavoro del quartetto toscano è un concept album, declinato in inglese, che si dipana in tre parti (Ego, Omnis e Echo) ed è la storia di un popolo che migra tra due pianeti vicini i quali  in realtà hanno la stessa sorte di essere in qualche modo non adatti ad ospitare le perigrinazioni di persone alla ricerca di un luogo (anche metafisico) dove stare.
Il full length è un'altra chicca compositiva divisa in tredici tracce (di cui quattro strumentali: Habitat, Cryosleep, Out of caves,Seasons passing by) per oltre 73 minuti di musica che spazia tra un hard rock progressive dalle tinte Aor a parti melodiche raffinate con intrecci formidabili tra gli strumentisti che lasciano al fruitore una miriade di sensazioni positive con echi folk, financo jazzistiche e misture vocali sublimi . 
Un disco di grande livello tecnico ed emozionale con l'artwork di Denni Fucci e in copertina la modella Costanza Vuolato.
Line up : Alberto Vuolato: chitarre. Andrea Franceschini: tastiere, voce. Andrea Cornuti: basso e voce. Paolo Tempesti: voce principale, batteria. 
Ospiti:  Martina Cavaciocchi alla voce e Alessandro Di Mare al sax.



giovedì 2 marzo 2023

minDance

Namastè ai minDance: Tonino "Toni" Marchitelli: voce, tastiere. Gianluca Vergalito: chitarre. Peppe Aloisi: basso, voce, synth, rumori. Massimo "Max" Cosimi: batteria.

 

Dopo l’eccellente lavoro d’esordio “Cosmically nothing” di cui parlammo già in questo blog (vedi: http://progressivedelnuovomillennio.blogspot.com/search?q=minDance ), il 6 gennaio 2023 per Lizard Records di Loris Furlan è uscito il vostro fulgido secondo full length “Colors” , ci potete raccontare la genesi del progetto? 

In realtà la nostra genesi ha origine con l’ingresso nella band di Peppe, il bassista. E’ da allora (fine 2015) che prende vita il progetto minDance definitivo, producendo tanta musica, compresi Bluesing eTimes, che sono stati inseriti successivamente in “Colors”. Quindi più che di genesi parlerei di un progetto che ha avuto una genesi, ma che è in continua evoluzione, “Colors” ad esempio, secondo me, è un disco di passaggio, contiene infatti segnali evidenti di nuove sperimentazioni che guardano oltre lo stesso “Colors”. (Max)

In effetti, Colors, non è nato come recente progetto ma come opera che recentemente si è arricchita. Già infatti, durante le registrazioni di Cosmically Nothing, stava attecchendo e germogliando il seme di Colors. Brani come Bluesing (pt 1&2) e Times facevano già parte del nostro repertorio ma hanno ricevuto qui il loro inquadramento definitivo. Proprio il concetto di “definitivo”, di “statico” è quanto di più lontano ed antitetico al nostro modo di essere musica. Colors, non è altro che il “fermo immagine” del nostro sentir musica adesso. (Peppe)

Il progetto "Colors" non ha data d'inizio nè un brogliaccio a cui riferirsi. E', piuttosto, il proseguimento di un percorso iniziato con "Cosmically nothing" e che, nelle intenzioni, vuole andare oltre "Colors". (Toni)

Vi chiedo, facendo una guida all’ascolto, di descrivere sinteticamente ogni singola traccia delle sette che compongono l’album?

- BLUESING part 1 : è il tuo mondo, quello in cui vivi..crudo, meccanico, grigio...dove provi, cionononstante , a cercare diversi punti di vista, nuove prospettive, nuovi...colori

- COLORS :... è il cromatismo possibile, la virtuale riscoperta di un'interiorità perduta nel grigiore, il colore nei volti persi e ritrovati, i luoghi al di sopra del tempo e al di sopra di noi stessi...non dimenticarlo mentre...

- TIMES : ...le voci del mondo in cui sei nato ti rincorrono caoticamente lottando e rattoppando, contraendosi e perdendosi mentre i tuoi dèi alienano l' umanità perversa di bande...

- GANG'S LAW :... di cui non avresti voluto saperne, bande vuote di colore e piene di ossessioni che provano a corromperti, a trascinare la tua anima per mutarne le condizioni...provi a liberarti della legge della gang e sai che puoi...

- HYPNOSIS : ...anche farcela, a fronte della sua limitata strategia, mentre i detriti di luci confuse si posano sulla tua pelle e fragili illusioni vanno scomparendo. La luce ipnotica che adesso ti circonda è libera e profonda e trascina in mistici voli in cui ri-trovarti e ri-conoscerti ...

- BLUESING PART 2 : ...nelle note millenarie che si rincorrono gioiose e profonde, semplici e complesse, ad avvolgerti e proteggerti in un viaggio non più sorprendente perchè pienamente compreso...

- NAMASTE' :...è il nostro inchinarsi a te, viaggiatore...il nostro saluto a te che hai con il tuo viaggio dato un senso a tutto ciò. (Toni)


Psichedelia del terzo millennio, post prog moderno, heavy prog, space rock etc… sono tutte etichette per orientare l’ascolto ma voi come minDance come vi definireste?

Non ho mai amato le etichette, ma mi rendo conto che sono utili nei giusti contesti. La musica di minDance ha diverse anime che vengono dalle diverse quattro formazioni musicali dei musicisti, vissute anche in quattro differenti epoche storiche. Da questa unione è venuto vuori del rock, della psichedelia, del dark, del prog metal, sfumature di jazz, elettronica, ambients, space rock. In sintesi non ho idea di come si possa etichettare il nostro genere. (Max)

Noi non ci definiamo. Semplicemente a noi piace navigare in noi stessi ed essere la scogliera su cui si infrangono le onde delle nostre vite. Il risultato fragoroso e spumeggiante di questo contatto è la nostra musica. (Peppe)

Il massimo del narcisismo sarebbe il non poter essere riferiti e riferibili ad alcun genere;vorrebbe dire essere riusciti a "inventare" altro rispetto all'esistente ; ma ciò significherebbe, anche, il non poter essere fruibili da chicchessia giacchè tanto nuovo dovrebe essere da non poter essere comprensibile. Ed allora, essendo la nostra proposta musicale un probabile mix di generi diversi,lasciamo che ognuno vi riconosca ciò che più gli è vicino. (Toni)

E’ differente “raccontare una storia” attraverso un brano totalmente strumentale rispetto a composizioni che hanno testo e musica?

Certo c’è differenza, muovere le corde emotive con un brano strumentale potrebbe apparire più difficile non avendo un contesto preciso dato da una lirica, da un contenuto concettuale, e in questi casi, a mio parere, è la chimica della band che la fa da padrona e che armonizza e predispone all’ascolto. Quando il brano prevede il testo è un’altra cosa, perché la voce diventa lo strumento principale e indirizza i musicisti diventando anch’essa a volte semplice strumento con vocalizzi. (Max)

Beh indubbiamente l’associazione di un testo alla musica aiuta a focalizzare il pensiero verso una determinata tematica. Ma ciò che ci interessa è indubbiamente cosa questo contatto susciti nell’ascoltatore. (Peppe)

L'eventuale testo ha normalmente l'intento di positivamente condizionare l'ascolto,indirizzandolo in certe direzioni piuttosto che in altre. L'assenza di testo, viceversa, non pone limiti alla fantasia dell'ascoltatore che può così tradurre in immagini "sue" la musica che fluisce. (Toni)

Nel disco si sente chiaramente una chimica d’affiatamento dell’ensemble, una possente coesione,come ci si sente a suonare assieme? Avete voglia di descrivere con uno o due aggettivi ogni singolo componente della band compresi voi stessi?

Suonare con i minDance per me è sempre stato, e continua ad esserlo, un piacere perché mi emoziona e muove corde positive dentro di me; sono certo che la potente coesione di cui parli tu sia la giusta somma creativa dei minDance. Bè, Tonino certamente genio e sregolatezza, Peppe potente rifinitore, Gianluca ottimo sperimentatore, e per me...vediamo...minimalista. (Max)

Il vero "ensemble" del gruppo sta nella volontà di ognuno di creare quel "quid" che va aldilà e aldisopra delle diversità che pure, e sostanziali, ci sono. Dalla qual cosa nasce un'idea musicale che è esattamente la risultante delle diversità. Nessuno di noi ha scelto "per affinità di genere" il compagno con cui suonare. Cosicchè (dal mio punto di vista e dal mio orientamento musicale), suonare con Peppe significa arricchirmi della sua, rispetto alla mia, modernità ritmica ed armonica...suonare con Massimo significa avere la certezza del riferimento di genere ritmico su cui poggiarsi...suonare con Gianluca è un arricchimento di per sè ed a prescindere, lui "fa crescere" nelle parti di ognuno. (Toni)

Qualche penna illustre del settore ha scritto che se i minDance invece di essere molisani fossero scandinavi o abitanti della terra d’Albione per uscite come “Colors” si griderebbe al capolavoro, come mai in Italia è così difficile emergere dalla nicchia progressiva?

Penso che in Italia, il paese che possiede il 70% del patrimonio artistico culturale del mondo, l’arte e la cultura non siano ne tutelate ne incentivate a dovere. L’epoca attuale la vedo, decadente e totalmente indirizzata all’uniformità degli individui, non lascia spazi alle nicchie di qualsiasi genere o forma artistica si tratti. Ritengo inoltre i talent show, tra i principali indiziati, ma anche tra gli addetti ai lavori nelle stesse nicchie a volte sembra di girare a vuoto. (Max)

La cultura e l'arte sono da sempre, nella storia dell'uomo, il segno dell'identità e della diversità, della curiosità e della creatività, della prospettiva e della profondità. Tutto questo è stato fino a qualche tempo fa...poi il buio dell'omologazione ha avvolto tutto. Ogni cosa è uguale ad un'altra e tutto diventa superficialità ed apparenza. Preludio ed epilogo scompaiono per lasciare il posto ad un'unica compatta ed insignicante parte centrale. Tutti vogliono tutto e subito. Così un brano che volesse invece "approfondire" non trova più spazio sommerso com'è dalla banalizzazione del tutto. (Toni)

Mindance, scritto però con questa grafia, è un applicazione di Google Play per il benessere delle persone, voi auspicate di portare “colori” nelle vite di chi ascolta la vostra musica, potete approfondire questo concetto?

La musica è qualcosa di magico e viene da molto lontano, non basterebbero mille definizioni per poterla spiegare, per poter capire perché si provano per essa emozioni così forti e fondamentali nella vita di ogni essere vivente. Essere attore protagonista della sua creazione è un piacere assoluto. La musica è gioia e dolore, è vita e ricordi e i suoi colori se ben stesi sono inconfondibili. (Max)

Indubbiamente, il concetto di benessere, dello stare in pace o del conferire colore per sostituire il grigiume che quotidianamente ci circonda, mi preme intensamente. Senza dovermi scagliare nei confronti di alcuno, mi piace dire e far sentire che qui c’è vita, non omologata e a tratti non omologabile, che ce ne è per tutti, ognuno a modo suo nel rispetto della libertà altrui. Sarebbe questa una “jihad” salvifica. (Peppe)

I colori sono il rimedio contro la monotonia del grigiore, la cui tossica persistenza invade ormai qualsiasi ambito dell'umana esistenza. Grigiore che estingue le diversità, le identità, le fantasie, le creatività, i sogni. I colori sono segno e simbolo di possibilità, di visione, di prospettiva, di curiosità, di VITA. I colori sono l'antidoto all'omologazione, al manicheismo e all'unilateralità. I colori sono gioia, crescita e miglioramento consapevoli. E nei consapevoli limiti che ci definiscono proviamo, noi minDance, a portare colori nelle vite di chi può e vuole… "Colors " è il colore che vuole rinascere ed è musica che vuole essere ascoltata più che sentita. (Toni)



Questo secondo disco è davvero di grande livello emozionale e tecnico, Massimo se fossi un agente pubblicitario che slogan useresti per promuovere la vendita dell’album?

Non so...”Colors” il respiro dei minDance viene da lontano... (Max)

Una doppia domanda personale sempre a Massimo, a chi ti ispiri come batterista e quant’è complicato (sempre se lo sia) farlo in un ensemble di musica “colta” qual’ è minDance?

Sicuramente il batterista che per primo mi ha ispirato è stato Stewart Copeland dei Police, nel 1979 muovevo i primi passi, o aprivo le prime orecchie, alla musica rock e quando nel 1985 mi sono seduto per la prima volta davanti a una batteria pensavo e provavo i suoi tempi; anche Bonzo John Bonham e Gavin Harrison, sono stati di grande ispirazione per me, ma ciò che mi piace realizzare sullo strumento è la cadenza ipnotica più che i soli di batteria, e i volumi giusti. Ti ringrazio per il musica “colta”, e si a volte è complicato, ma per aspera ad astra. (Max)

In ultimo: il futuro artistico cosa può riservare ai minDance?

Auguro ai minDance un futuro lungo e produttivo e stiamo già guardando tutti nella stessa direzione. (Max)

In ascolto un "respiro" del nuovo disco con artwork di Clara Praitano.